“Repubblica” chiude il caso: i black bloc sono fascisti

21 Ott 2011 20:19 - di

Lo hanno sussurrato, hanno ammiccato, hanno introdotto la menzogna alla chetichella, facendola passare sotto la porta dell’informazione ufficiale e poi andandosene fischiettando come nulla fosse. Hanno usato il condizionale, poi l’indicativo, facendo della bugia sospetto e del sospetto certezza. E alla fine eccoci qua: Repubblica, venerdì 21 ottobre 2011. L’inserto “R2” presenta l’inchiesta sulla “Galassia Black Bloc”. E il “blocco nero” viene così riassunto nell’occhiello: «Centri sociali, neofascisti, ultras». Incredibile ma vero. Lo stesso articolo, sul sito del quotidiano, viene invece presentato così: «Una lunga lista di quasi duemila nomi divisi per regione. Sono i black bloc che i servizi censiscono e tengono d’occhio da anni. Metà di sinistra e metà di destra, pronti a organizzarsi secondo lo stile, la violenza e gli obiettivi del “blocco nero” quando se ne presenti l’occasione». Il corsivo – e lo sbalordimento – è ovviamente tutto nostro.

Carta vince carta perde…

L’articolo di Paolo Griseri e Francesco Viviano è effettivamente un lungo viaggio nel delirio. Le urban legends diffuse da qualche blogghista che si crede Pulitzer perché sa usare Photoshop acquistano riga dopo riga l’incredibile status di verità acclarata, quasi scontata, senza neanche il bisogno di metterla in questione. Sì, i “black bloc” sono al 50% di sinistra e al 50% di destra. Lo dice Repubblica, quindi deve essere vero. L’articolo cita come unica riprova di ciò che sta incredibilmente sostenendo un presunto elenco di 1.891 nomi che sarebbero tenuti sotto controllo dalla Digos. E qui sorge la prima incognita: chi sono, queste duemila canaglie? Generici estremisti politici oppure – come ripetono fino allo sfinimento il titolo, l’occhiello, l’articolo e la grafica – “black bloc”, cioè quelli che hanno devastato Roma una settimana fa? L’ambiguità è pericolosamente fuorviante. Leggiamo così che «le regioni dell’estremismo nero sono quelle dove l’eredità del fascismo è ancora forte: il Lazio, in testa, ma anche la Campania e l’Abruzzo. E poi la Calabria dei "boia chi molla" e l’Alto Adige degli attentati irredentisti degli anni Sessanta». Ci sarebbe molto da contestare già su questa panoramica superficiale: attentati irredentisti… fascisti in Alto Adige? La Campania, con Napoli vero feudo dell’antifascismo organizzato e violento, una regione “nera”? Ma, a parte questo, resta di nuovo lo stesso dubbio di prima: che c’entra tutto questo con i teppisti di sabato scorso? Sul sito, poi, troviamo anche una preziosa “mappa regione per regione” del fenomeno “black bloc”, dove leggiamo nel titolo che il Lazio sarebbe il loro “covo”. Andiamo a vedere i numeri e vediamo che a Roma e province limitrofe ci sarebbero 169 estremisti neri e 109 rossi. Capito? Il Lazio è il covo dei “black bloc” e in questa regione i neri sono molti più dei rossi. Quindi, se tanto ci dà tanto, la teppaglia sfasciavetrine è fascista. Carta vince, carta perde, carta vince, carta perde…

Eppure bastava starli a sentire…
Bastava poco, tuttavia, per fare di più e di meglio. Bastava schivare la “sindrome Watergate”, farla finita con documenti “riservati” letti a uso e consumo di una favoletta consolatoria («I violenti? Non siamo noi, non sono nemmeno nostri parenti, sono altro da noi, sono fascisti»). Bastava farsi un giro in internet, dove gli antagonisti, che pure avrebbero tutto l’interesse a scaricare la colpa sui “fasci”, dicono invece tutto il contrario. Prendiamo Indymedia. Un articolo intitolato “Il 15 ottobre a Roma: resoconto e commento” spiega che «bisognerebbe sgomberare il campo da tutte le scappatoie di comodo quali l’attribuzione della responsabilità di ciò che è successo a gruppi di sbirri e fascisti infiltrati, ultras ecc. Certo è sempre possibile che c’è ne fossero, ma non si può dire che fossero tutti infiltrati». Il collettivo Militant, vicino all’antifascismo romano più estremista, rincara la dose: «Cominciamo col dire che in piazza non c’erano nè buoni nè cattivi. Così come non c’erano i black bloc infiltrati, i poliziotti provocatori, gli ultras fascisti… o gli extraterrestri venuti da Marte a rovinare il corteo. Chi, anche a sinistra, oggi ripropone questa chiave di lettura: o non è in grado di “leggere” quello che sta accadendo in questo Paese o, molto peggio, lo ha capito ma fa finta di niente pur di seguire i propri interessi di bottega». Quali siano questi interessi di bottega politici, Militant ce lo spiega in un altro post: «L’area politica di Repubblica – scrivono i “compagni” – è proprio quella rimasta più scandalizzata da questi fatti, che ne ha più da perdere e che in questi giorni si è caratterizzata del più feroce accanimento verso chi non ha scelto la via della manifestazione pacifica». È una riflessione pro domo antifà, ma ha un suo senso. Su cui meditare.

Intanto, i veri teppisti…
Mentre il giornalismo del ceto medio riflessivo fa i suoi voli pindarici, le indagini sui veri responsabili del caos romano proseguono. Proprio ieri, al termine dell’udienza di convalida, il Gip ha deciso che Fabrizio Filippi – Er Pelliccia – resterà in carcere. Il 24enne è accusato di resistenza pluriaggravata. Ma le indagini proseguono in tutta Italia. Un perugino di 23 anni, ad esempio, è stato denunciato a piede libero dalla polizia, che nel corso di una perquisizione domiciliare lo ha trovato in possesso di materiale generalmente usato per le azioni di guerriglia urbana. A Firenze, invece, quattro studenti fiorentini, tra cui un minorenne, sono stati denunciati e perquisiti dalla Digos. Tutti ragazzi orbitanti attorno ai centri sociali. Stranamente, per ora, non figura alcun “fascio” tra gli arrestati…

E ora tutti in Val Susa
Mentre si discute e si indaga sui fatti di Roma è sulla Val Susa che si sono puntati i riflettori in vista della manifestazione dei No Tav prevista per domani. La zona off limits attorno all’area del cantiere Tav di Chiomonte (Torino) interesserà anche sentieri di montagna e sarà inaccessibile già da stamattina, secondo quanto previsto dall’ordinanza del prefetto di Torino Alberto Di Pace. Il divieto di accesso riguarda tutte le strade che portano all’area di cantiere – che si estende su una superficie di 4,8 ettari – nei territori dei Comuni di Chiomonte e Giaglione, in provincia di Torino. Sarà proibito anche il passaggio sui sentieri sui quali nelle precedenti manifestazioni sono passati i dimostranti. Insomma, si sta cercando di non fare il bis dopo la giornataccia di Roma. Rispetto ai centomila di sabato scorso nella capitale, tuttavia, in questo caso gli ordini di grandezza sono ben differenti. In Val di Susa sono attese alcune migliaia di persone. Tra queste, però, particolare attenzione viene prestata ad esponenti dei collettivi studenteschi ed universitari, dei centri sociali del Piemonte ed elementi dell’area antagonista ed anarco-insurrezionalista, in tutto circa 400 persone, che potrebbero costituire il principale problema in termini di ordine pubblico. Per loro, tuttavia, c’è sempre l’estrema scappatoia: Repubblica potrebbe sempre farli passare per fascisti…

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