Intercettazioni: cresce lo scontro tra i poli
Di sicuro si è capita solo una cosa: in Italia sta tornando il fascismo. È più o meno su questa linea la media dei commenti delle opposizioni al ddl sulle intercettazioni in discussione alla Camera. Il provvedimento (che sarà in discussione fino a oggi all’ora di pranzo, per riprendere mercoledì 12) ha superato ieri lo scoglio delle pregiudiziali di costituzionalità presentate da Idv e Pd, respinte con 307 no e 230 sì in un caso e 229 nell’altro. Gli astenuti sono stati 63 in un caso e 64 in un altro. Nel frattempo, però, ha cambiato relatore: non più Giulia Bongiorno (Fli), che se n’è andata sbattendo la porta, ma Enrico Costa (Pdl).
Bufera su Paniz
Ma dicevamo dell’ossessione sulla deriva autoritaria che ha caratterizzato i commenti dell’opposizione. A scaldare gli animi già roventi ci ha pensato Maurizio Paniz, che a Radio 24 ha dichiarato: «Devono essere sanzionati i giornali che pubblicano e i giornalisti. I giornalisti con una misura di rilevanza penale. Il giornalista che pubblica ciò che non può pubblicare dovrebbe subire una sanzione pensale, il carcere magari è un percorso più lungo. Che ne so, ci vorrebbe una sanzione da 15 giorni a un anno, poi il giudice graduerà a seconda della violazione, vedrà se sono possibili riti alternativi, pene pecuniarie o multe o se il giornalista debba andare in carcere. Cosa che è tutto sommato molto rara nel nostro ordinamento per questa tipologia di situazione».
«È svolta fascista!»
La dichiarazione non è passata inosservata. «Apprezzo il senso dell’umorismo dell’onorevole Paniz, ma se non si tratta di ironia le sue dichiarazioni sul carcere per i giornalisti sono di una gravità inaudita», ha detto il senatore Pancho Pardi, capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione di Vigilanza Rai. Orazio Licandro, della segreteria nazionale del PdCI-Federazione della sinistra, è andato oltre: «A quando il coprifuoco? Le restrizioni alla libertà e le contrazioni della democrazia che caratterizzano questo governo sono di un tale squallore da rendere superflua ogni parola. Questo provvedimento, che imbavaglia la libertà di stampa e rende difficoltoso il lavoro dei magistrati, rappresenta un punto di non ritorno. Il fascismo è sempre più vicino e chi lo nega è in totale malafede». Anche il presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli è su questa linea: «Le affermazioni di Paniz rappresentano una vera e propria svolta fascista con cui il governo vuole ammutolire la stampa libera che è un elemento essenziale di tutte le democrazie». Più generiche e misurate le critiche di Pier Luigi Bersani, segretario del Pd: «È scandaloso che mentre quattro ragazze muoiono sotto le macerie per lavorare a quattro euro all’ora e Moody’s ci declassa, noi siamo qui a parlare di intercettazioni. Questo dimostra la perdita di presa totale verso gli interessi del Paese pensa solo agi affari suoi, lo vedono in tutto il mondo che è così».
Il cambio di relatore
Intanto, in commissione Giustizia alla Camera, il comitato dei nove ha dato l’ok all’emendamento Costa-Contento che vieta la pubblicazione delle intercettazioni fino alla cosiddetta udienza filtro, quella che manda al macero il materiale non penalmente rilevante. In questo modo non sarà possibile riportare le telefonate registrate neanche per riassunto o nel contenuto. Il parere favorevole a quest’emendamento ha causato il passo indietro della presidente della commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, che si è dimessa da relatore del ddl intercettazioni. L’esponente di Fli chiedeva di prendere per buono il testo licenziato un anno fa, nel quale si concedeva il permesso di riportare almeno il contenuto della intercettazioni, fino all’udienza-filtro. Il nuovo relatore è Enrico Costa.
«Violati i patti»
«L’accordo su questo testo – ha spiegato la Bongiorno – era stato raggiunto due anni e mezzo fa. Ed era stato il frutto di lunghe trattative. Io avevo già fatto la relazione in aula su questa versione. Ora, il fatto che vogliano stravolgere tutto è chiaramente una violazione di questo accordo. Vorrei ricordare che io avevo già fatto una relazione in Aula proprio perchè era stato raggiunto un accordo su questo testo. Poi arrivò l’ordine dall’alto di lasciar perdere, perchè era considerato un provvedimento troppo annacquato. Ma per me l’accordo era e resta su quella versione del ddl». Per l’esponente finiano,«rimettere le mani ora sulla riforma stravolgendola sarebbe una violazione dell’intesa raggiunta e quindi non ho potuto far altro che dimettermi da relatore, indicando al mio posto il capogruppo del Pdl Enrico Costa. Avevamo lavorato tanto su questo provvedimento e avevamo raggiunto l’intesa dopo decine di incontri con Ghedini e con gli editori. Ora, nel giro di due giorni, si è deciso di stravolgere tutto questo. Cambiando profondamente un testo sul quale si era raggiunto, ripeto, un accordo, che era il presupposto per il mio “sì”». La presidente della Commissione giustizia ha poi aggiunto: «Non mi riconosco in questo testo e trovo inaccettabile che sia bastato uno schioccar di dita del premier per mandare in fumo due anni e mezzo di lavoro per cercare un accordo». In mattinata, peraltro, lo stesso ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma, commentando le dimissioni allora solo paventate della Bongiorno, si era augurato che queste non divenissero realtà. E, a passo indietro avvenuto, il Guardasigilli è tornato sulla questione: «Non comprendo – ha detto – le dimissioni del presidente Giulia Bongiorno, che lamenta una certa deviazione dagli accordi del 2010 quando Fli era in maggioranza. A me pare che le variazioni al testo licenziato in commissione siano minimali ed estremamente ragionevoli, assolutamente in linea con il significato dell’udienza-filtro». Palma ha anche bocciato la proposta di Paniz: «Non penso sia una proposta interessante».
Punire gli editori, non i giornalisti
Anche il neorelatore Costa si è dissociato da Paniz: «Bisogna andarci con i piedi di piombo. Piuttosto occorrerebbe concentrarsi sugli editori in modo più efficace e severo», ha detto. L’esponente del Pdl ha comunque puntato a stemperare i toni: «Lavoro – ha detto – per allargare il consenso parlamentare, per questo aspetto delle proposte, ma certo non si può affermare soltanto “cancelliamo tutto”, come ho sentito dire fino ad ora». Sulla Bongiorno, Costa ha spiegato di non aver «compreso le ragioni delle sue dimissioni, ma evidentemente lo ha fatto per rafforzare il suo ruolo, come punto di riferimento della giustizia, nel Terzo Polo. La mia proposta di modifica è perfettamente coerente con il testo perchè punta a rafforzare il ruolo dell’udienza filtro che è uno dei punti centrali del provvedimento. Un momento del procedimento per il quale anche l’opposizione si è battuta a lungo».