I “profeti di sventura” tentano l’ultimo affondo

25 Ott 2011 20:14 - di

Ultima spiaggia, zona Cesarini, tempi supplementari, governo al capolinea. Le opposizioni – a braccetto con i professionisti del disfattismo che si annidano all’interno di associazioni di categoria, sindacati e strutture organizzative – si giocano quella che potrebbe essere l’ultima delle fiches: osiamo il tutto per tutto per mandare a casa il Cav. Ora o mai più. Lo slogan è bell’e fatto: il tempo è scaduto. Così va in scena l’ultima sceneggiata della sinistra politica, sindacale e mediatica, un unico coro che vorrebbe recitare il de profundis al governo Berlusconi. Infatti – è il ragionamento delle Cassandre di casa nostra – se questo ulteriore tentativo dovesse fallire e al premier fosse data la possibilità di fare le riforme che ha in testa, allora i conti potrebbero migliorare, l’economia produttiva ripartire, la musica cambiare nuovamente e il consenso risalire, proprio in vista della consultazione elettorale del 2013. E allora addio alla possibilità di conquistare Palazzo Chigi. Per il centrosinistra sarebbe una débacle che potrebbe addirittura tramutarsi in un ulteriore decennio di opposizione. Così, da una parte ci si oppone con tutte le forze a ogni tentativo del premier di dare risposte credibili all’Europa e rimettere in moto lo sviluppo, dall’altra si dice che se Berlusconi non ottempererà in maniera esauriente a questo obbligo sarà la dimostrazione lampante che il suo tempo è finito. Sullo sfondo le richieste che ci giungono da Bruxelles, alcune sensate e sacrosante, altre meno. Tanto che, secondo alcuni rumors, ci sono sollecitazioni tanto astruse – ad esempio, la privatizzazione delle farmacie comunali – che sembrano scritte qui in Italia (facile indovinare da chi) per impedire al governo di avere successo.

Fucilazione pronta
Il plotone che deve eseguire la condanna è già pronto. Dentro ci sono tutti: da Bersani a Di Pietro, da Vendola a Casini, da Fini a Montezemolo, dalla Marcegaglia alla Camusso, dalla grande stampa ai consumatori, da certe strutture del commercio a ben individuate rappresentanze del mondo dell’artigianato. Ognuno ha le sue ragioni per sperare che Berlusconi finisca nella polvere e non si rialzi più. L’Acri, in vista della giornata del risparmio di oggi, rende noti i risultati di un’inchiesta da cue emerge che  gli italiani risparmiano di meno perché hanno paura del futuro. E la Confcommercio parla di recessione vicina («il tempo della partita è scaduto»), attacca i rinvii in materia di misure per lo sviluppo e sentenzia che ci sono troppe tasse. «Serve una nuova etica – aggiunge –  i voti di fiducia non bastano». Anche i giornali esteri fanno la loro parte. Meglio avere un’Italia debole e asservita ai grande potere economico internazionale che confrontarsi con Berlusconi che ha ricucito una serie di rapporti prima impensabili. Il Financial Times ieri spiegava che non solo il premier italiano è «commissariato» da Bruxelles, ma è stato la causa prima di «una perdita di sovranità» che per uno dei Paesi fondatori della Ue e della moneta unica rappresenta il «massimo declassamento». “Berlusconi di fronte al supremo declassamento sovrano”, era il titolo del quotidiano londinese a cui faceva da contraltare l’umorismo becero del tedesco Finacial Times Deutche che ha scelto una vignetta satirica: un “salvadanaio-maialina”, al posto del tradizionale porcellino di terracotta, per convincere Berlusconi a risparmiare. Da Oltralpe sul caso Italia è intervenuto anche Le Monde sottolineando che «Silvio Berlusconi tarda a presentare le riforme strutturali richieste dai suoi partner europei». Le conclusioni le trae il Financial Times. «Il pericolo di una mancanza di decisioni da Roma – si legge – è che per l’Italia potrebbe essere necessario un formale salvataggio. E con esso si realizzerebbe una interferenza senza precedenti nel processo decisionale italiano».

Copione già scritto
Il copione è già scritto, ma la rappresentazione è tutt’altro che scontata. Il governo è al lavoro per approntare le misure economiche necessarie per abbattere il debito e far ripartire la crescita. C’è stato qualche problema di messa a punto, ma la Ue si è sempre detta «sicura» che Roma avrebbe inviato entro oggi la lettera con il dettaglio delle misure che intende adottare. Lettera che è arrivata in anticipo rispetto alal scadenza. Oggi, inoltre, il presidente del Consiglio sarà a Bruxelles al vertice europeo. Cancellato l’Ecofin della mattinata, i nodi saranno affrontati direttamente dai leader. I partner avranno pertanto la possibilità di esaminare la proposta italiana e di trarne le conseguenze necessarie, proprio mentre la Ue si appresta a varare l’ampliamento del fondo salva-stati. Barroso, presidente della Commissione, riconosce che l’Italia «è un’economia molto forte» e il governo Berlusconi «è determinato a migliorare la sua performance, ad attuare quello che ha già deciso e ad accelerare, se necessario, le riforme strutturali per il Paese». Meglio di così… Ascoltando queste valutazioni, i risolini di Nicolas Sarkozy e di Angela Merkel di domenica pomeriggio sembrano lontani mille miglia. «Nessuno minaccia l’indipendenza del nostro Paese – ha puntualizzato ieri il presidente Giorgio Napolitano – o è in grado  di avanzare pretese da commissario».

Impatto sull’euro
Quello che succede in Italia ha un impatto su tutto il resto della zona euro, per questo – ha puntualizzato Amadeu Altafaj portavoce del commissario Olli Rehn – la sorveglianza e le indicazioni di Bruxelles sono necessarie, nell’ambito dell’unità economica e monetaria. Nessuna voglia di umiliare l’Italia, quindi, ma solo la segnalazione di quelle che sono le aspettative «su un’agenda di bilancio e su un’agenda di crescita». L’Italia – ha precisato Altafaj – ha indicato «un percorso di bilancio giudicato appropriato da parte della Commissione Ue, ma è necessario e importante che accompagni questo percorso con azioni concrete e un calendario per tutte queste azioni concrete». Quello di oggi a Bruxelles è un vertice che si annuncia decisivo per il futuro dell’euro. Sul tavolo c’è l’allargamento del fondo salva-stati, che dovrebbe cercare l’aiuto del Fmi per venire incontro alle aree di crisi. La Grecia, ad esempio, ha l’acqua alla gola e non si capisce ancora bene come potrà venirne fuori. Ma è l’intera Europa ad avere problemi.  Un fallimento – commenta il premier francese Francois Fillon –  farebbe scivolare l’Ue «verso terre ignote». E la Francia? Attende la ricapitalizzazione delle banche, molto esposte sul fronte greco, tanto da richiedere, per rimettere in sesto i loro bilanci, una cifra molto vicina ai 100 miliardi di euro. Il tutto mentre il deficit viaggia nel 2011 al 5,8 per cento del Pil (4 per cento quello italiano) e il debito, inferiore al nostro, con la crisi è salito di 20 punti, contro i 14 dell’Italia, una spesa pubblica al 56,6 per cento del Pil, contro il 50,3 per cento del Belpaese e uno spread dei propri titoli pubblici,rispetto al bund tedesco, che negli ultimi giorni si è sensibilmente allargato.
Angela Merkel ha meno problemi di portafoglio, ma appare commissariata dal Bundestag sul fronte politico. Non è infatti in grado di assumere decisioni se non dopo averle fatte passare al vaglio del Parlamento, mentre all’Italia si chiede l’adozione di provvedimenti, la comunicazione a Bruxelles e quindi l’approvazione delle Camere che, in tal modo non avrebbero la possibilità di modificarli.

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