Bersani chiama il Pd in piazza contro Renzi

31 Ott 2011 19:13 - di

Il primo caso di un partito che scende in piazza per una prova di forza contro la propria minoranza interna si realizzerà sabato prossimo a Roma, dove il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha convocato una manifestazione nazionale di cui, al momento – se si esclude il braccio di ferro in atto con Matteo Renzi – sfuggono gli obiettivi politici esterni. Sì, certo, sfilare contro Berlusconi è sempre un richiamo affascinante per uno di sinistra, ma stavolta la tempestività dell’evento sembra coincidere più con i problemi creati a Bersani dalla Leopolda di Renzi che con quelli derivanti al Paese dalla Gnocca di Berlusconi.La chiamata alla mobilitazione di piazza, annuncia il segretario del Pd, da giorni al centro di attacchi concentrici, è per “tutti coloro che hanno a cuore il futuro del nostro Paese e per avviare insieme una ricostruzione democratica, sociale ed economica dell’Italia”. Anche qui, Renzi a parte, siamo di fronte al primo caso di un partito di opposizione che invece di tentare la spallata per andare alle urne, propone come piattaforma per il dopo-Berlusconi un governissimo destinato a durare chissà quanto.

La controffensiva di Bersani

Ha usato la propria pagina di Facebook, Pierluigi Bersani, per annunciare la manifestazione di sabato e l’ha dedicata, guarda caso (all’indomani dell’outing partigiano del giudice Ingroia al convegno dei comunisti) alla difesa della Costituzione. L’appuntamento è in piazza San Giovanni, dove si concluse anche la protesta degli indignados rovinata dalle devastazioni dei black bloc. «L’invito è per tutti. Venite con la bandiera d’Italia. Portate con voi la Costituzione italiana, la più bella del mondo. E tutti insieme diremo al mondo, all’Europa e al nostro paese, “in nome del popolo italiano”, che tutti insieme ci impegniamo per cominciare un’altra storia, che l’Italia riprende il proprio cammino, che vogliamo ricostruire la società che meritiamo», conclude Bersani.

Ma Renzi rilancia: cento punti
Il problema di Bersani è che la convention della Leopolda, che il segretario ha cercato di arginare bollandola come roba vecchia, da qualche giorno impazza sui giornali e da ieri anche su Internet, dove sono on-line, sul sito www.leopolda2011.it, le 100 proposte emerse dal Big Bang che si è svolto a Firenze. Il documento è diviso in cinque temi: riformare la politica e le istituzioni; far tornare i conti per rilanciare la crescita; green, digital, cultura e territorio; dare un futuro a tutti; per una società solida e solidale. I rottamatori propongono, tra l’altro, la riforma delle pensioni, quella degli ordini professionali, la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, il superamento del precariato tramite l’introduzione del contratto unico a tutele progressive. E ancora, il superamento del “Porcellum”, l’introduzione dei costi standard per le Regioni, l’abolizione delle Province. Sul fronte economico, i100 punti della Leopolda prevedono anche di portare il rapporto debito/Pil al 100% in 3 anni, ridurre l’aliquota Ires per le imprese, liberalizzare le assicurazioni su infortuni e malattie. Per i giovani, il documento ipotizza, oltre agli “affitti di emancipazione”, l’introduzione di contratti di lavoro per gli studenti universitari, il diritto di voto a 16 anni, l’abolizione del valore legale del titolo di studio, l’Ebook per tutti. E poi, incentivi per le rinnovabili, internet, investimenti di almeno l’1% del Pil in cultura. Ed ancora, l’introduzione del quoziente familiare, la regolamentazione dei diritti civili, l’aumento degli asili nido, l’adozione dello “ius soli”, il permesso veloce per gli immigrati regolari, la tassazione del 5 per mille sulle transazioni finanziarie per finanziare il no profit.
Infine, un punto controverso è dedicato alla cosiddetta «amnistia condizionata» per i corrotti con il rispetto di cinque punti: «ammissione della colpa, indicazione di tutti i complici, restituzione del maltolto, impegno a non fare più politica. In caso di nuovo reato – si legge nel documento – la pena si somma a quella del reato oggetto dell’amnistia».

Le ironie del Pdl
«Credo che tutti abbiano il diritto di manifestare, ma a nome di chi parlerà, Bersani?», si chiede il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri, ieri intervistato da Radio Radicale sul confronto interno al Pd e sulla prossima iniziativa del segretario, fissata per sabato 5 novembre. «Ichino sul lavoro – ha osservato Gasparri – propone norme che non piacciono al partito e alla Cgil. Quanto a Renzi, ha ragione Bersani, visto che sembra un piccolo demagogo che ricicla idee degli anni 80. Un grande fratellino della politica, la demagogia portata alle estreme conseguenze». «La verità – sostiene Gasparri – è che Bersani non parla a nome di nessuno, a partire dalla sinistra che gli si rivolta contro».

L’ultima grana del Pd: Casini
Nel già tempestoso dibattito in atto nel Pd, ci mancavano solo i veltroniani, quelli che ieri, con Goffredo Bettini, hanno proposto a Bersani, Vendola e Di Pietro di non candidarsi alle primarie. «Non si tratta solo di far compiere un passo indietro ai leader attuali, si tratta di incoraggiarli a compiere due passi avanti, per fare, in uno slancio di generosità, la cosa più giusta ora, per vincere, unire e per governare la prossima legislatura», ha spiegato al Corriere della Sera l’ex coordinatore del Pd Goffredo Bettini, indicando poi in Pier Ferdinando Casini il nome giusto per «un compromesso siglato alla luce del sole tra democratici e moderati». A «certe condizioni», ossia «per una legislatura limitata nelle cose da fare e per percorrere solo un tratto di cammino comune», Bettini sottolinea che «se ci fosse un’intesa e se questo fosse decisivo per realizzare l’aggregazione auspicata» non avrebbe «pregiudiziali» di fronte all’idea «di valutare la disponibilità di una personalità come Casini, un uomo che in tempi non sospetti ha rotto con il berlusconismo, dimostrando coraggio, misura e buonsenso». Parole destinate a irritare ancora di più il segretario del Pd, che ormai vede spettri ovunque, anche tra le fila di chi, apparentemente, sostiene di essere al suo fianco contro i “rottamatori”.

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