Apriti cielo, un piddì fa il saluto romano
«Contrordine compagni – avrebbe detto Guareschi – il saluto romano non l’ho mai fatto…». Parola di assessore all’Urbanistica di Livorno. Del Pd. La kafkiana vicenda è avvenuta pochi giorni fa nella città labronica, in un bar davanti al comune, dove tale Mauro Grassi, fiorentino ma assessore a Livorno, è entrato salutando dei conoscenti a braccio teso e proferendo uno stentoreo «a noi!». Boutade, goliardata, comportamento puerile? In qualsiasi città italiana la cosa sarebbe passato sotto silenzio, ma non a Livorno, dove la custodia dell’ortodossia antifascista è affidata a quanto pare al Sel (Sinistra ecologia e libertà), un cui esponente, trovandosi nel locale ha dato la stura a una serie di conseguenze. Dichiarazioni, accuse, polemiche, proteste vibrate dell’Anpi, fino a che la fosca vicenda è addirittura arrivata alla conferenza dei capigruppo. Davanti al sindaco Alessandro Cosimi, il capogruppo del Sel Lamberto Giannini ha chiesto le dimissioni dell’assessore “fasciocomunista”. La nomenklatura del Pd toscano, dopo aver consultato il suo Politburo fiorentino, ha detto che della questione non si sarebbe dovuto parlare in consiglio comunale. Volete sapere come è finita? Che l’autore del gesto ha dovuto scrivere una lettera pubblica all’Anpi chiedendo umilamente scusa per l’atto sconsiderato e sostenendo che lui il saluto romano non l’aveva mica fatto, e che quel «a noi!» gli era uscito non sa perché, e che comunque non sarebbe accaduto mai più.
Il capogruppo del Pdl a Livorno, Marcella Amadio, è trasecolata: «Qui a Livorno siamo ancora al tempo dei commissari politici…». Ma no, la questione è molto più semplice: forse il fiorentino Giannini quando ha salutato romanamente i suoi compagni livornesi aveva ben in mente i versi di Trilussa: «…perché il saluto te viè a dì, in sostanza: semo amiconi, se volemo bene… ma restamo a ’na debbita distanza!»