«I vip? Non sono opinion leader, vanno ignorati»

31 Ago 2011 21:08 - di

L’estate, si sa, è il tempo legittimo per l’evasione. Ma, con tutta probabilità, l’agosto che ci siamo lasciati alle spalle ha davvero battuto tutti i record: perché protagonisti e oggetti dell’informazione sono stati per lo più loro, i calciatori. Ultimi protagonisti (consapevoli?) di un attacco alla politica (nel loro caso si parlava di tasse) che ha visto scendere in campo fior fiori di indignati nelle vesti di cantanti, veline e attori. Davanti a questo Guerino Nuccio Bovalino, sociologo dello Iulm, non si scompone. Al limite allarga le braccia.

Come mai, oltre al rito del calciomercato, questa che si sta per concludere è stata un’estate all’insegna dei calciatori?

La crisi delle ideologie ha rotto il vaso di Pandora: infatti insieme alle opportunità creatisi e alla libertà che la società dei consumi ha iniettato nel rapporto individuo-mondo sono anche nati nuovi idoli. A questi si è spesso attribuito il compito di riempire il vuoto etico e non solo estetico. Il calciatore, così come la velina, è divenuto un opinion leader di una società che non riesce a esprimere un’idea forte, un pensiero capace di creare senso e non solo consenso. Ma non vanno condannati. Anzi bisognerebbe far notare loro come sia controproducente la politicizzazione del loro ruolo. A lungo andare tale atteggiamento rischia di svuotare di quella magica alchimia tra reale e irreale che li rende miti di oggi. A voler fare i moralizzatori o i profeti rischiano di annoiare e di banalizzarsi.

Non solo calciatori. Basta aprire una rivista patinata e si trova Ambra Angiolini che inneggia contro il matrimonio…

Oltre alla questione puramente politica nel caso di Ambra c’è un gioco di identificazione tra personaggio famoso e pubblico che è mutato. Mentre un tempo era unidirezionale, sempre più spesso accade che è il personaggio famoso ad indossare la maschera che i tempi richiedono. Ambra, come altri personaggi dello star system, ha dimenticato come la propria funzione sociale le permetterebbe di porsi come avanguardia. Insomma, non vedo un futuro roseo neanche per le star come Ambra: poiché il pubblico inizia a identificare tali personaggi come parte di una casta, che pretende di raccontare il mondo reale vivendo invece in un mondo plastificato. Ergendosi a psicologi e sociologi di un mondo a cui non appartengono, sono destinati a essere riconosciuti come profeti di un quotidiano che è distante loro.

Tutto è nato con un certo Adriano Celentano…

Be’, Celentano per esempio con la sua trovata geniale del “rock” e del “lento” di alcuni anni fa ha compiuto lo stesso errore delle persone contro cui lui si scaglia: infatti il suo apparente buonismo nasconde un tentativo di categorizzazione dell’esistenza in base a delle scelte personali, che è impossibile che rappresentino la complessità della realtà.

Perché la gente pende sempre di più dalle labbra di certi personaggi che si riciclano? Viene da pensare a coloro che prima hanno fatto le veline e adesso si ergono a maestrine.

In un mondo in cui l’estetica ha una funzione sociale legittimante è normale che il successo sia un elemento che giustifica la volontà di proiettarsi in questi personaggi. Il potere oggi non risiede nella qualità come un tempo ma si lega  a questione di quantità, di sovraesposizione, di presenza. Tali personaggi riempiono le nostre giornate vivendo nelle nostre vite tramite i mezzi di comunicazione. A differenza del politico con tali personaggi si crea un legame scevro da ogni astio burocratico: in questo caso il potere risiede quindi nella loro capacità di farci ridere, oppure di farci sperare in un altro mondo possibile.

Perché allora un “bad boy” Fabrizio Corona diventa un’icona?

Continuando il discorso di prima è normale che un personaggio come Corona diventi un “mito”. Corona infatti oltre ad avere quest’immagine estetica compie un salto ulteriore poiché si erge fustigatore del mondo a cui lui stesso appartiene.

Sembra lo stesso meccanismo dei vari Grillo o Santoro…

A proposito di questo più che teorie sono i fatti a darci un’indicazione: molte persone pur riconoscendo a Santoro una funzione antigovernativa di primo piano hanno preso ormai coscienza di come anche il profeta abbia in una mano il vangelo della moralizzazione e nell’altra il portafoglio. Tutto ciò è logico, essendo lui un professionista che ha diritto al suo stipendio, ma appare anormale a chi ne aveva idealizzato la figure. Il caso di Grillo invece dimostra come non si può pretendere di porsi come un antileader facendo il leader appieno: infatti paradossalmente lui ha avuto la stessa funzione di un calciatore o di una velina poiché la sua faccia televisiva ha avuto il compito di innescare un movimento che oggi in gran parte gli chiede di fare un passo indietro. È un vero e proprio cortocircuito che è impossibile disinnescare perché i campi sono ormai interdipendenti.

In che senso?

Non può esistere quindi un politico non televisivo come non potrà mai più esistere un calciatore le cui dichiarazioni non fungono da indicazioni sociali.

Che speranza ha la politica contro l’avvenenza di calciatori e artisti?

L’unica tattica che può ridare dignità alla politica sta nel politico stesso. Questo deve parlare un linguaggio semplice, deve recuperare la credibilità senza inchinarsi alle leggi del pop e soprattutto deve farsi scegliere dalla gente, poiché soltanto chi è scelto non ha bisogno di diventare un personaggio. Anche perché nell’immaginario popolare qualcosa si è mosso quest’estate. Lo dimostrano le lettere di cittadini che hanno reagito con veemenza alle richieste di calciatori di non pagare la super-tassa: segno che la politica ha ancora la possibilità di strappare loro quel ruolo di unica voce legittimata a dare indicazioni di giustizia sociale.

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