Nel Pd scatta la pulizia etnica contro i socialisti
I guai con la giustizia del Partito democratico? Tutta colpa degli ex Psi. «Ho visto morire la Dc perché c’erano i corrotti, non voglio vedere il mio nuovo partito turbato da un ex socialista», ha tuonato Rosy Bindi riferendosi ad Alberto Tedesco. Il senatore graziato dal voto di Palazzo Madama, incalzato dal suo stesso partito, ha detto addio ai democratici con un addio al curaro. «Non mi hanno neanche chiamato come si farebbe con una colf che si licenzia, mi hanno chiesto le dimissioni a mezzo stampa». Detto fatto, il parlamentare pugliese lascia il gruppo ma non il seggio al Senato (in caso di dimissioni finirebbe in carcere). La polemica politica, però, riguarda l’anatema della presidente del partito. «Dice che non vuole vedere turbato il partito da un ex socialista, questo la dice lunga sulla cultura garantista della signorina Bindi. Se si è socialisti si è delinquenti per definizione». Tedesco ha sparato a palle incatenate pure contro Walter Veltroni ed Enrico Letta che avevano chiesto un suo passo indietro: «Se c’è qualcuno che ha fatto del male al Pd e al Paese col suo rilancio dipietrista è Veltroni». E Letta «non sa scegliere i dirigenti» e «ha portato in Parlamento uno come Boccia che non riesce nemmeno a far eleggere un consigliere comunale nel suo comune…». L’accusa di Tedesco è quella di adottare due pesi e delle due misure. Perché «non chiedono le dimissioni anche a Penati? A un ex comunista si consente di dimostrare che é innocente…».
Da qui la reazione degli ex Psi con Bobo Craxi in testa: «Le considerazioni di Rosy Bindi sul caso Tedesco riesprimono un viscerale antisocialismo duro a morire e duro da digerire», attacca in una nota il figlio del leader socialista. «Al di là del merito – aggiunge Bobo – il senatore Tedesco milita da tempo e convintamente nel Partito democratico. Il presidente del Pd pensa di cavarsela con le battute, prendendo le distanze da uomini e periodi della recente storia politica, senza rilevare che il tema sollevato dalle recenti inchieste della magistratura riguarda l’intero sistema politico, la disinvolta seconda Repubblica, che chiama in causa le responsabilità politiche e morali di molti, assieme alla sempre più temibile azione a orologeria della magistratura stessa». Anche da Palazzo Madama si levano le voci di chi si sente a rischio di pulizia etnica. Come fa la senatrice Pd Magda Negri: «Comunque la si pensi sul caso Tedesco e la sua gestione in Senato da parte del Pd (per quanto mi riguarda assolutamente limpida) penso che sia inaccettabile l’ostracismo etnico-culturale verso la cultura socialista e i rappresentanti socialisti nel Pd che sembra trasparire dall’intervista di Rosy Bindi. Sarà stato forse un eccesso di amarezza e di preoccupazione da parte della presidente ma il rispetto del codice etico nel Pd ci deve responsabilizzare tutti senza tragici giustizialismi».
Usa parole ancora più pesanti l’ex presidente della Regione Abruzzo, Ottaviano del Turco: «Sei tanto ipocrita, che come l’ipocrisia ti avrà ucciso, sarai all’inferno, e ti crederai in paradiso». Del Turco venne scaricato altrettanto rapidamente dal Pd tre anni fa. Il 14 luglio 2008 venne arrestato dalla Guardia di Finanza insieme a una decina tra assessori, ex assessori, consiglieri ed alti funzionari della Regione Abruzzo con l’accusa di associazione per delinquere, truffa, corruzione e concussione, nell’ambito di un’inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica di Pescara sulla gestione della sanità di iniziativa privata in Abruzzo. Ancora sotto processo, l’ex leader sindacale ha pubblicato su Facebook la citazione di Pasolini. «Scrisse questo epigramma per un intellettuale cattolico. Ma, ne sono certo, pensava a Rosy Bindi. Domani spiegherà che Penati aveva un nonno socialista.Vergogna!». Anche Del Turco batte sul tasto di Penati, l’ex presidente della Provincia di Milano, nonché capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani, accusato di concussione, corruzione e finanziamento illecito, per aver preso delle tangenti per un appalto. Due pesi e due misure, che nel partito emergono in tutta la loro contradditorietà.