Manovra, i disfattisti battono in ritirata

13 Lug 2011 20:52 - di

Tre giorni di bufera – minuto più, minuto meno – hanno stravolto il tavolo di gioco e le fiches sono finite tutte nel salvadanaio del governo, con il centrosinistra costretto a leccarsi le ferite. Perché, chiusa la parentesi più difficile, quella dello tsunami borsistico e delle polemiche sulla manovra, è apparso evidente che l’economia italiana è stata messa da tempo al riparo dai rischi peggiori, è abbastanza salda, riesce a fronteggiare le crisi improvvise. E questo non è dovuto al caso ma dall’attenta gestione degli ultimi anni, dai provvedimenti presi a Palazzo Chigi, dalla maturità con cui sono state affrontate le questioni più rilevanti. Tanto che Giulio Tremonti ieri si è presentato a testa alta davanti alla difficile platea dell’Abi, è stato in grado di offrire garanzie, ha detto che la manovra sarà rafforzata e ha fatto capire a chiare lettere che la crisi, anche quella degli ultimi giorni, non è un “fatto italiano” ma va ben oltre i nostri confini. E nessuno ha potuto contraddirlo. Anzi, è accaduto esattamente il contrario.
La strategia della sinistra si è arenata negli slogan, nel disfattismo, nel tira e molla. La situazione ha avuto evoluzioni nel giro di poche ore: le decisioni saranno rapide (le vuole Tremonti e le sollecita anche Bankitalia), mentre dal Parlamento arriva un sì bipartisan sui tempi brevi per l’approvazione dei provvedimenti legati alla manovra. Le misure dovrebbero ricevere entro oggi l’ok di Palazzo Madama per poi approdare alla Camera ed essere licenziate domani con il voto di fiducia. Un tour de force che i mercati hanno già dimostrato di gradire. Infatti, dopo l’importante inversione di tendenza a Piazza Affari, di martedì pomeriggio, anche ieri la Borsa ha viaggiato in terreno positivo per tutta la giornata. Dapprima a ritmo più sostenuto, poi limando i guadagni. I mercati aspettano di vedere se i buoni propositi, messi sul tavolo da maggioranza e opposizioni e sostenuti dall’appello di Napolitano e dal richiamo alla coesione del presidente del Consiglio porteranno risultati apprezzabili. Si lavora, oltre che sulla quantità, sulla qualità della manovra. Non c’è solo l’emergenza dei mercati, c’è anche la necessità di pervenire al pareggio di bilancio entro il 2014. È quindi di fondamentale importanza mantenere inalterati i saldi. Tutto, in sostanza, si deve tradurre in una modifica dei conti a costo zero. Uno sforzo che l’agenzia di rating Fitch apprezza, parlando di «un piano di consolidamento fiscale ambizioso» che «stabilizza il profilo di credito e il rating». Dopo i molti allarmi delle scorse settimane, anche da questo versante arrivano i primi riconoscimenti: lo testimoniano le valutazioni, oltre che di Fitch, anche di Moody’s. E l’ex ragioniere dello Stato Andrea Monorchio, per molti anni custode dei conti pubblici, guarda allo sforzo complessivo e sottolinea che «una manovra in meno di una settimana» rappresenta il concretizzarsi si un sogno una volta considerato «impensabile».
Tremonti interviene all’annuale assemblea dell’Abi e tranquillizza su questo percorso: entro domani sarà tradotto in fatti concreti. Chi pensa che gli effetti della crisi siano dovuti all’insufficienza del governo, però, si sbaglia. «Sotto tensione – fa notare Tremonti – c’è più o meno il 40 per cento dell’area euro. E dico questo non per liberarmi delle responsabilità, ma per dire che il problema non è del Paese, ma della struttura complessiva dell’architettura europea». In ogni caso quelli appena trascorsi sono stati tre anni persi, perché «tutto quello che ha causato la crisi c’è ancora. Non sono state applicate le nuove regole. La manovra, in ogni caso – rileva il ministro – sarà accompagnata da chi si prende la responsabilità di averla presentata». Quindi una citazione di Tito Livio: Hic manebimus optime (“qui resteremo benissimo”), con cui Tremonti allontana qualsiasi ipotesi di dimissioni, circolata in questi giorni su alcuni organi di stampa, che hanno ipotizzato il passaggio a Mario Monti della poltrona che fu di Quintino Sella.
Chi pensa che il giorno dopo l’approvazione della manovra assisteremo a una vera e propria rivoluzione è quindi totalmente fuori strada. «La solvibilità degli stati sovrani – sostiene il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, presidente in pectore della Banca centrale europea, parlando alla platea dei banchieri italiani –  non è più un fatto acquisito ma va guadagnata sul campo con una crescita adeguata e sostenibile, possibile solo con i conti in ordine». Da qui la constatazione che sono necessarie «riforme strutturali essenziali», con nuovi tagli alla spesa pubblica. Se questo non verrà fatto l’aumento delle tasse «sarà inevitabile» e arriverà con la delega fiscale e assistenziale, prevista per completare la manovra negli anni 2013 e 2014. Esistono rischi concreti che il quadro complessivo, alla fine, salti. L’Italia, in ogni caso, può contare su «fattori favorevoli» per proseguire sulla strada del risanamento dei conti e superare le minacce  dell’emergenza. Draghi però ritiene che questo non possa succedere se non si troverà un «intento comune, al di là degli interessi particolari e di fazione». Una sorta di riconoscimento a chi, negli ultimi anni, ha visto nella faziosità della sinistra e nel teatrino messo in piedi da Pd, Udc e Idv una della cause che ha determinato gli attuali problemi d’immagine dell’Italia e quindi la caduta di credibilità che ha portato alla bufera sui mercati.Lo spread tra i Btp e il bund tedesco sono l’esempio più eclatante di questo stato di cose. Via via è cresciuto fino a superare lo scorso martedì i 300 punti base, per poi invertire la tendenza, ma restando comunque a livelli che ci portano ad un’esposizione, in termini di interessi per finanziare il debito, di alcune decine di miliardi di euro.  «Livelli – dice Draghi – visti per l’ultima volta nel 2008».
Ma torniamo ai rafforzamenti e alla qualità della manovra. Tra le novità – anticipa il relatore Gilberto Fratin – c’è la modifica al capitolo pensioni, con l’abbattimento alle penalizzazioni sulle rivalutazioni per gli assegni compresi tra 1.428 e 2.380 euro al mese (l’indicizzazione passa dal 45 al 70 per cento). Oltre i 2.380 euro l’indicizzazione viene azzerata. L’aggancio alle aspettative di vita è anticipato al 2013 (prima era il 2014) e sarà graduale. E previsto un contributo di solidarietà per gli assegni oltre i 90mila eeuro l’anno. Nuovi ticket sanitari, apertura di un capitolo privatizzazioni (programmi di dismissione delle quote di partecipazioni azionarie da parte delle Stato, che dovranno essere approvate entro il 31 dicembre 2013), sulla base di quella che Tremonti ha definito la capacità di assorbimento del mercato, ritocchi alle accise sulla benzina (si pensa di stabilizzare la tassa di scopo) gli altri argomenti sul tavolo. Si discute anche del patto di stabilità interno, dell’asta delle frequenze, degli ammortamenti per i concessionari e del taglio delle agevolazioni fiscali. Quanto alle professioni dovrebbero arrivare delle misure per liberalizzare alcune attività (l’emendamento – fa sapere il sottosegretario all’Economia, Luigi Casero – predeve una netta distinzione tra gli ordini professionali che sostengono gli esami di Stato e quelli che non lo sostengono). L’imposta di bollo, dovuta sull’ammontare del deposito titoli, viene rimodulata: al di sotto dei 50mila euro si pagano 34,2 euro che salgono gradualmente sulla base dell’ammontare dei depositi. In tutto una decina di proposte raccolte in un pacchetto presentato ieri nel primo pomeriggio in commissione bilancio al Senato e che recepisce in parte gli accordi sottoscritti martedì tra il ministro Tremonti e i capigruppo, tanto della maggioranza quanto delle opposizioni. In materia di previdenza c’è anche il problema dell’età di pensione per le donne che lavorano nel privato. La manovra licenziata da Palazzo Chigi prevedeva che la parificazione a 65 anni con le coetanee del settore pubblico avvenisse nel 2032, adesso si discute su come fare per accelerare il percorso che ci viene richiesto dall’Europa. Ovviamente, mantenendo i diritti acquisiti e prevedendo una riforma graduale con penalizzazioni per chi sceglie di andare in pensione prima. Poi c’è l’anticipo al 2014 del meccanismo che lega l’età di pensionamento alla speranza di vita, valutato positivamente da Bankitalia. Avvisaglie che provocano subito l’altolà della Cgil. Il sindacato manifesterà domani davanti a Camera e Senato per contestare le norme. I medici, invece, annunciano lo stop alle proteste per senso di responsabilità, in considerazione delle tensioni sui mercati. Se entro il 30 settembre del 2013 la delega fiscale non dovesse entrare in vigore sono previsti tagli alle agevolazioni fiscali pari al 5 per cento nel 2.013 e al 20 per cento nel 2014.

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