L’ultimo film sul mago Potter convince anche la Chiesa

12 Lug 2011 20:21 - di

Una battaglia all’ultimo incantesimo fra eserciti di pietra, lacrime rivelatrici e scontri con la morte punteggiano l’ultimo capitolo cinematografico della saga di Harry Potter in Italia da oggi in mille copie distribuito da Warner, e da venerdì nelle sale americane. Il film riparte da dove è finita la prima parte de I doni della morte, uscito a fine 2010. Harry (Daniel Radcliffe), e gli amici per la pelle Ron (Rupert Grint) e Hermione (Emma Watson) si mettono alla ricerca degli ultimi Horcrux, gli oggetti in cui Lord Voldemort (Ralph Fiennes), ha nascosto parti della sua anima, che è necessario distruggere per uccidere il potente mago. La missione porterà i tre a tornare nella scuola di Hogwarts, diventata cupa come una prigione da quando Piton (Alan Rickman) ha sostituito Silente, ucciso proprio da lui, come preside. Ne verrà l’atteso scontro finale tra Voldemort e i suoi seguaci contro Harry, Ron, Hermione e tutti i maghi, giovani e anziani intenzionati a non soccombere al male. La pellicola, primo film degli otto della serie di Harry Potter che esce anche in 3 D, è già considerato dai primi critici americani e britannici che l’hanno vista come la migliore della saga, con potenzialità anche da nomination agli Oscar per gli interpreti, finora snobbati dall’Academy.
Il film è stato “promosso” anche da L’Osservatore romano che vede nelle battute finali della storia il rifiuto di un anticristiano desiderio faustiano di immortalità. L’esercito di maghi e maghetti diviene così una pattuglia di eletti che lotta senza ambiguità contro il male concepito non solo come malvagità ma come inaccettabile visione dell’uomo e del mondo.
Non è la prima volta del resto che il giornale della Santa Sede si misura con le pellicole dedicate al maghetto in un primo momento per stigmatizzare l’esaltazione della magia come potenza manipolatrice dell’ordine della Creazione ma poi anche rivalutando, nella storia, l’ideale dell’amicizia e il sacrificio di sé per una buona causa. Lo scontro finale tra il bene e il male, cui assisteranno milioni di ragazzi e ragazzini, non lascia indifferente il quotidiano della Santa Sede che rileva come «i piccoli studenti di Hogwarts sono cresciuti e i sortilegi imparati servono per non soccombere ai malefici del signore oscuro e salvare il mondo dai suoi piani. Quella che si combatte è una guerra vera che mette in campo tutto: uomini, maghi, ragni, draghi, serpenti, giganti, ‘mangiamorte’ e ‘dissennatori’ (malvagie presenze ben note ai fan). E si rischia la vita». E «la morte, che prima era un raro accadimento, quasi un incidente di percorso, qui è protagonista». «Nello scontro finale – continua L’Osservatore – scorre molto sangue e muoiono in tanti: maghetti più o meno cresciuti, professori più o meno esperti». Certo, c’è la violenza e c’è un’atmosfera dark che lasciano perplessi ma «quanto ai contenuti – si rileva nel servizio – quest’ultimo capitolo svela tutte le carte in tavola: posiziona i pezzi mancanti della storia e smaschera anche quei personaggi finora rimasti ambigui nella lotta tra bene e male». L’ultimo capitolo della saga, dunque, fa chiarezza: «Il male non è mai affascinante e nemmeno alla resa dei conti il maligno appare più attraente. Si confermano invece i valori dell’amicizia e del sacrificio, in un singolare e lungo romanzo di formazione che vede l’eroe e i suoi compagni passare dalla giocosa spensieratezza dell’infanzia alla realtà complessa dell’età adulta». Un’evoluzione giusta e naturale perché anche i ragazzini che nel 2001 simpatizzavano per Harry, Ron ed Hermione sono cresciuti di pari passo con i protagonisti del film e certo «hanno compreso che la magia è solo un pretesto narrativo, strumentale alla lotta contro un’irrealistica ricerca d’immortalità».

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