L’ultima balla dei dipietristi: l’emendamento aiuta-mafiosi
Dàgli all’untore appena svegli, anche a costo di mistificare la realtà, puntare l’indice contro le leggi “ad personam” due volte al giorno, anche a costo di andarsi a cercare con il lanternino il più limpido degli emendamenti e dipingerlo come un pericoloso stratagemma salva-mafia, menarla con la maggioranza schiava del Cavaliere del male…. È lo sport preferito dai dipietristi doc, che si confermano non solo campioni assoluti di giustizialismo a senso unico e di demagogia a suon di tintinnar di manette ma anche primatisti del mondo in fatto di disinformazione.
«Finito il letargo consigliato dalle elezioni di maggio, torna la carica delle leggi ad personam: il prossimo martedì il Senato torna a discutere il processo lungo. Il governo faccia un passo indietro». L’ultimo disperato allarme per la democrazia arriva dal capogruppo dell’Idv in commissione Giustizia, Luigi Li Gotti, che fa rullare i tamburi (sperando nel grancassa mediatica della stampa “indipendente” e nel popolo della rete) contro l’emendamento all’articolo 238 bis del ddl sul “giudizio abbreviato” a firma del collega pidiellino Franco Mugnai. Robaccia, a sentire il prode dipietrista, che consentirebbe di prolungare all’infinito i processi consentendo alla difesa di produrre testimoni a gogo. Addirittura si rischierebbe di fare «inaspettati regali alla mafia». Ma che cosa prevede l’obbrobrioso emendamento approvato in commissione Giustizia ad aprile e ritirarato in ballo in queste ore? Che se in un procedimento il pubblico ministero intende utilizzare come elemento di prova una sentenza formata a conclusione di un altro procedimento al quale non ha partecipato l’imputato (come prevede l’articolo 238-bis), l’imputato ha il diritto di esaminare i testi di quel processo. Modifica che, si badi, non riguarda i processi per mafia e in generale criminalità organizzata, Dov’è lo scandalo? Dove sarebbe l’aiutino a Cosa Nostra?
A smontare il giocattolo ci pensa lo stesso Mugnai, che definisce le critiche di Li Gotti «un maldestro tentativo di strumentalizzazione e disinformazione». È sufficiente la lettura dell’emendamento a mia firma per rendersi conto – prosegue il senatore del Pdl – che altro non è se non «l’attuazione in termini assolutamente pedissequi dell’articolo 111 della Costituzione (quello sul giusto processo e la parità tra accusa e difesa, ndr), che ricordo, è stato approvato dal Parlamento quando ministro Guardasigilli era l’onorevole Diliberto». Al collega dell’Italia dei Valori «è evidentemente sfuggito che la nuova norma esclude espressamente le fattispecie previste dall’articolo 190-bis, ovvero proprio quelle inerenti la criminalità organizzata. Perciò – conclude – nulla quindi è cambiato, ed è grottesco che si voglia imputare al governo e alla maggioranza, che hanno ottenuto i risultati più eclatanti nella lotta al crimine organizzato, di voler fare inaspettati regali». E dire che Li Gotti ha chiesto alla maggioranza di “ravvedersi” perché, per salvare Berlusconi, «produce solo disastri e, come in questo caso, aiuta la mafia pur se dice di non volere ciò».
Passi indietro? Pericolose derive? Ma dove vivono? «Nel nostro processo, che è di tipo accusatorio, dove la prova si forma al dibattimento, il controesame dei testi ha un rilievo fondamentale, ed è giusto che se il pm vuole produrre come prova una sentenza che si è formata in un processo che non è il mio, io imputato ti chiedo di sentire quei testi, che non è un pregiudizio nei confronti del giudice». Allunga-processi? Mugnai sorride. «Non è vero che si possono produrre interminabili liste, perché l’articolo che stabilisce il taglio delle liste superflue non viene toccato». La morale è sempre la stessa da oltre quindici anni: il solo ipotetico pensiero che “quello che vale per tutti” possa valere “per uno solo”, fa perdere completamente la lucidità e al senso della realta all’opposizione.