Compagno a chi? La gaffe di Vendola scuote la sinistra

14 Lug 2011 20:26 - di

Compagno a chi? Quanta confidenza. Vendola, al massimo, puoi chiamarlo amico. Con uno repentino cambio di rotta Nichi ieri ha cercato di proporre una svolta storica (si fa per dire) nella comunicazione del centrosinistra, rinnegando quell’appellativo di origine marxista che ancora in tanti, nella sua area politica, pronunciano con piacere. «Nel Pci mi dicevano che non si doveva dire amico, che bisognava dire compagno. Ho passato tutta la vita a ripetermi questa frase. Ma ora ho capito che era una stronzata, perché è stato un alibi per molti crimini. Io preferisco stare con molti amici, che mi aiutano a crescere». Questa frase, pronunciata qualche sera fa da Vendola alla presentazione del libro “Oltre i partiti” di Goffredo Bettini, ieri ha scatenato un putiferio in rete. Dopo aver riscoperto l’orgoglio di essere di sinistra con tanto di canzoni e simboli, ora il governatore della Puglia, in evidente crisi di idee e di visibilità, ha realizzato un clamoroso dietrofront. Senza, però, valutarne le conseguenze: una rivolta dei “compagni” contro di lui, andata in scena sul web con messaggi non proprio incoraggianti per Vendola. Che a un certo punto è stato costretto a un ulteriore dietro-dietrofront.

Compagni, chiamiamoci amici

Non più solo «compagni» ma anche «amici», dunque, aveva annunciato Vendola tre giorni fa. Una svolta rilanciata da un blog e poi da Repubblica, ieri mattina. Da quel momento in poi tra i gli stessi militanti di Sinistra ecologia e libertà è stato un diluvio di critiche. Sul web, dove i blog del presidente della Puglia sono quelli più cliccati in Italia (sui temi politici), le reazioni sono state quasi tutte negative. Per alcuni simpatizzanti, il leader di Sel va alla conquista di nuovi elettori, perdendo la simpatia o la fiducia dei suoi elettori. Ma c’è anche chi propone che ognuno «usi le proprie parole» per identificare «il mondo». In sintesi, come scrive sul web Davide, «non mi offendo se mi chiamano compagno, ma che nessuno si offenda se io non lo chiamo compagno». Sulla pagina facebook di Vendola, poi, l’ironia impazza: «Si vede che dsi lavora parecchio in regione», scrive Luca. «Io di quegli anni non condivido il comando da parte delle alte sfere e la ubbidienza di noi giovani. Ma tutto è servito per formarci insieme allo studio e alla capacità di discernere e decidere», è il parere di Anna Pizzone. Lucia Chiara scrive: «Io mi sento compagna e voterò il compagno Ferrero al prossimo giro! Basta barzellette Nichi, parli sempre di politica ma politica non ne fai mai!». E ancora: «Immaginate l’Internazionale con amici al posto di compagni! Tutte le parole nascondono significanti importanti». Maria Giusi Cannio sfotte: «Bravo compagno…». E Marta Rapezzi sintetizza: «Ammetti di averla buttata di fuori e andiamo avanti».

Vendola male interpretato…
A fermare le polemiche è intervenuto lo stesso Vendola, che se l’è presa con Repubblica, che ha pubblicato, sul sito internet, diversi commenti in contrasto con il leader di Sel. In una lettera inviata al quotidiano, Vendola osserva che è «stupefacente il tentativo di costruire una polemica politica sul nulla, sul vuoto». «Non possiamo giocare – dice – sulle parole. Addolora molto che i virtuosi del capovolgimento del significato delle parole possano trovare così tanto spazio nei media, oltre che nei social network. Come è stato sottolineato dalle testimonianze di chi c’era a quella presentazione, non ho mai rinunciato ad una parola che mi accompagna sin da quando ero ragazzino: compagno». Insomma, sembra di sentire Berlusconi quando sostiene di essere male interpretato dalla stampa comunista. «Compagno è una parola che trovo bellissima, e che significa spezzare il pane insieme. Ho semplicemente criticato un’idea che nel vecchio Pci era abbastanza consolidata, che all’interno del partito bisognasse essere compagni ma non necessariamente amici. E talvolta si poteva essere compagni coltivando tenaci inimicizie».

Un termine che viene da lontano

L’utilizzo della parola “compagno” arriva da lontano, fin  dall’Ottocento, prima tra coloro che si sono organizzati per opporsi al capitalismo, e successivamente fra i militanti di partiti, organizzazioni e movimenti di ispirazione marxista. Nella cultura socialista, comunista, anarchica e in generale di sinistra (in Italia anche nell’ambito del Radicalismo, ovvero la sinistra liberale e laica) il compagno è un soggetto, un individuo come gli altri, ma un individuo che cerca di superare la propria individualità e cerca la propria realizzazione attraverso un progetto comune di tipo solidale e collettivistico. Il filosofo Jean-Paul Sartre ha parlato nel 1960 del cosiddetto gruppo-in-fusione che mira ad una finalità-progetto. Per Sartre, si è compagni solo se si ha un progetto comune da compiere insieme. Secondo il giornalista e scrittore Vittorio Messori, l’abitudine di chiamarsi compagno risale ai gesuiti di Ignazio di Loyola. Etimologicamente il termine “compagno” rimanda al mangiare insieme, dal latino medievale companio. Compagno significa cum-panis, quindi colui con cui si spezza insieme il pane con una chiara analogia quindi alla ritualità cristiana e all’eucarestia.

Si arrabbiano perfino i socialisti

«Vendola ripudia il termine compagno sostenendo che chi lo ha usato ha fatto troppi morti nella storia. Giusto e sbagliato. I socialisti non hanno mai ammazzato nessuno; al contrario sono stati incarcerati per difendere la libertà ed hanno lottato per liberare dalle galere di mezzo mondo quanti vi erano stati rinchiusi per le loro idee», attacca il segretario del Psi Riccardo Nencini. Il Pd, invece, neanche commenta. Ma intimamente Bersani gode.

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