Agcom aggiusta il tiro, nessuna censura su internet
Per un attimo abbiamo creduto di avere a che fare da qui a breve con una sorta di “Judge Dredd”. Ma sì, l’eroe del fumetto americano, trasposto anche al cinema, in cui nel classico futuro apocalittico giravano per la città dei giudici sanguinari che detenevano i poteri della polizia, della magistratura e del governo, potendo quindi arrestare, giudicare e persino giustiziare i criminali sul posto. Ecco, la delibera dell’Agcom sul diritto d’autore che stava per essere approvata ieri (prima degli “ammorbidimenti” dell’ultim’ora) ricordava un po’ le sentenze draconiane del Giudice Dredd: arresto, processo e sentenza (quasi) immediati. Ma poi non è andata così.
Colpire chi lucra (o anche gli altri?)
In sostanza: la delibera disponeva la cancellazione e l’inibizione di siti internet sospettati di violare il diritto d’autore. Il provvedimento, è ovvio, prendeva di mira quei siti che attingono a piene mani ai successi di Hollywood o a quelli delle major discografiche e diffondono il tutto sul web, senza pagare un euro a chi di dovere. Messa così, è ovvio, la norma aveva una sua ratio: le opere di ingegno vanno pagate. Ciò che ha fatto discutere, tuttavia, è stato il bizzarro meccanismo inizialmente previsto per cui l’Agicom avrebbe potuto decidere della vita e della morte di qualsiasi sito al termine di una sorta di processo farsa di brevissima durata. I più sospettosi, inoltre, vedevano nel provvedimento una sorta di spiraglio aperto alla censura nel web.
Gli “ammorbidimenti”
Ieri, comunque, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha approvato la delibera con sette voti favorevoli, un astenuto e un voto contrario. L’Agcom ha tuttavia previsto ulteriori 60 giorni per discutere il testo approvato. Che conterrebbe alcune opportune limature rispetto alla bozza di dicembre 2010. «Abbiamo messo a punto – ha detto il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò – un testo attentamente riconsiderato, dal quale sono state eliminate ambiguità e possibili criticità, fugando così qualsiasi dubbio sulla proporzionalità e sui limiti dei provvedimenti dell’Autorità e sul rapporto tra l’intervento amministrativo e i preminenti poteri dell’Autorità giudiziaria. L’articolato verrà ora sottoposto a una nuova consultazione pubblica che prevede un ampio termine per far pervenire osservazioni e suggerimenti. È nostra intenzione stimolare un dibattito approfondito e aperto a tutti i contributi e a tutte le voci della società civile, del mondo web e di quello produttivo, della cultura e del lavoro. In questo spirito ho anche dato la mia disponibilità a un’audizione presso le competenti Commissioni parlamentari sullo schema di regolamento qualora il Parlamento lo ritenga opportuno». Molte delle caratteristiche indigeste della norma sarebbero così saltate. Da quanto si è appreso, infatti, sarebbe stata stralciata la parte che concedeva all’Authority la facoltà di inibire i siti internet con un semplice provvedimento amministrativo, senza ricorso alla magistratura. L’Autorità, inoltre, non potrà più inibire i siti esteri. Sarebbe stata introdotta, inoltre, una norma che distingue i portali professionali da quelli amatoriali e personali.
La prima bozza
Tutt’altro scenario rispetto alla durezza della prima bozza. Nella quale si concedeva all’Agcom la facoltà di operare il procedimento di cancellazione dei siti che avessero violato il diritto d’autore mediante il blocco dell’indirizzo IP o del Domain Name Systems. Il provvedimento avrebbe riguardato tutti i siti e portali, senza alcuna differenza tra spazi pubblici e privati, tra utilizzo a scopo di lucro e uso amatoriale. Il tutto con una procedura gestita dall’Agcom, su ricorso dei privati, della durata di soli in 5 giorni. Anche questo punto, tuttavia, sarebbe stato modificato: il contraddittorio passerebbe da 5 a 15 giorni e sarebbe ora pensato non solo a tutela del titolare ma anche a tutela dell’utente, che potrà rivolgersi all’Autorità quando ritenga che un suo contenuto, protetto da diritto d’autore, sia stato rimosso ingiustamente.
Artisti contro artisti
La norma, nel frattempo, aveva causato una vera spaccatura nel mondo dello spettacolo: a favore della norma si erano infatti schierati Claudio Baglioni, Pippo Baudo, Fred Bongusto, Albano Carrisi, Caterina Caselli, Carmen Consoli, Paolo Conte, Lucio Dalla, Gigi d’Alessio, Tullio de Piscopo, Francesco e Roby Facchinetti, Dori Ghezzi, Fausto Leali, Paolo Limiti, Amedeo Minghi, Mogol, Claudia Mori, Ennio Morricone, Nicola Piovani, Enrico Ruggeri, Antonello Venditti e altri. Il motivo? La norma, spiegavano, «non colpisce l’utente e non limita la sua libertà; tutela i diritti e quindi la libertà di chi crea e produce cultura; colpisce l’illegalità; dà sostegno al commercio legale di diffusione di contenuti digitali attraverso le reti di comunicazione». Altri (da Dario Fo al Piotta, con in più qualche politico), dal canto loro, avevano vivamente protestato contro la legge, organizzando persino una “Notte della rete” in attesa della delibera.