Pdl in crisi? Adesso serve una terapia d’urgenza

17 Giu 2011 20:45 - di

Attacco di panico o stato d’ansia? Disturbo bipolare o depressione? Leggi notizie sul Pdl e ti ritrovi diagnosi da bollettino medico. C’è chi ha già individuato la cura miracolosa, le primarie. «Abbiamo presentato in entrambi i rami del Parlamento – annunciano Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello – un disegno di legge per disciplinare le elezioni primarie per la scelta dei candidati alle cariche monocratiche per le quali il nostro ordinamento prevede l’elezione diretta: sindaco, presidente della provincia, presidente della Regione». Inoltre, per poter partecipare alle primarie è necessario essere iscritti al partito che le indice o essere sostenitori, per i quali sarà previsto un registro ad hoc. In attesa della soluzione proposta dal capigruppo alla Camera e dal numero due del Pdl in Senato (che però non prevede l’elezione del candidato premier) la sindrome paralizzante che attanaglia il partito più che con le primarie sembra risolvibile con un primario. Un luminare alla doctor House, capace di trovare la terapia giusta per far uscire il primo partito italiano dallo stato letargico in cui si trova.
Bastava dare un’occhiata ieri pomeriggio al sito web del Popolo della libertà per accorgersi del disagio di queste ore. Lupi che difende Letta, Costa che difende Alfano, Capezzone che difende Sallusti; Brunetta e Red Ronnie (il conduttore di Roxy Bar a proposito della sua consulenza per il sindaco Moratti) che difendono se stessi. Un partito che gioca tutto in difesa, come se non avesse ancora smaltito l’uno due delle amministrative e dei referendum. L’atteggiamento minimizzante è ben reso dalla quantità e dalla qualità degli interventi dedicati alla situazione interna. Appena un paio su una ventina. A tener banco soprattutto l’intervista del ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, al Giornale «Dobbiamo essere tra la gente, il militante che da tre anni mi va ai gazebo sotto il sole o a volantinare sotto la pioggia va premiato: tutti devono partecipare alla scelte del partito e all’elezione dei dirigenti». Buoni propositi come quello sul direttorio: «Un conto è il luogo di confronto interno, un conto sono le correnti, modelli da prima repubblica che il Pdl ha seppellito. Alfano è la pietra tombale su quelle logiche polverose. Io ritengo che Il mio ufficio sarà tra le gente, nelle piazze. Alfano dovrà stare tanto in giro che in ufficio non ci starà mai».
Al di là delle intenzioni della Brambilla, lo stato di choc non è ancora superato. Per usare il termine caro a Calderoli, la prima «sberla» (quella delle amministrative) ha mandato in confusione i dirigenti del Pdl, nonostante i numeri non fossero così disastrosi. A tutt’oggi il Popolo della libertà è il primo partito: al primo turno ha preso il 26,42 per cento dei voti (quasi un milione e duecentomila voti). Non solo: il paragone con il Partito democratico è impressionante. Bersani ha festeggiato e brindato in piazza rispolverando persino personaggi da Chi l’ha visto come Romano Prodi, a il suo partito rispetto alle comunali al primo turno ha perso il 4,9 per cento contro il -0,9 del Pdl. Anziché rimboccarsi le maniche, a via dell’Umiltà è scattato uno sciogliete le righe anticipato. In ordine sparso al secondo turno, con Letizia Moratti e Gianni Lettieri portati al ballottaggio come vittime sacrificali tra la rassegnazione e le recriminazioni per non avere puntato sul cavallo giusto. Archiviate le amministrative con il referendum si è raggiunta l’apoteosi del tafazzismo e della confusione. Sui quattro referendum si è andati in ordine sparso, con il governo che, coerentemente avrebbe dovuto provare almeno a difendere le sue leggi, ha scelto una strategia ondivaga. Si è arrivati a sbandierare la «libertà di coscienza», come se le liberalizzazioni (due quesiti su quattro) fossero materia etica e non politica. Ci sono stati esponenti del Pdl che hanno invitato all’astensione e poi hanno posato per i fotografi mentre imbucavano la scheda, chi (e non solo nel Pdl) si è quasi vergognato di difendere leggi che aveva firmato, difeso e strenuamente sostenuto emendamento per emendamento in aula. Con quale risultato: da una parte c’era chi chiedeva ai propri elettori quattro sì. Dall’altra chi invitava ad andare al mare, chi diceva forse, chi no, chi un sì su quattro, forse due. Il risultato? La linea incerta ha disorientato gli elettori del centrodestra casusando anche un danno d’immagine a tutto il partito. Come ha sottolineato sul Corriere della Sera Renato Mannehimer, «l’esito del referendum sembra avere stimolato un mutamento nelle intenzioni di voto: si registra infatti un passaggio significativo dai votanti potenziali per il Pdl agli indecisi che toccano oggi il 50 per cento».
Come riportare quegli indecisi nell’alveo del centrodestra? Per ora ci si infervora sulla proposta di Cicchitto e Quagliariello.  «Costituisce un primo, utile contributo nella direzione di una maggiore partecipazione dei cittadini nelle scelte che determinano la formazione delle leadership politiche», premette Andrea Augello. «Certo, c’è ancora molto da lavorare e la discussione rimane aperta – precisa il sottosegretario di Stato alla Funzione Pubblica – sia riguardo le modalità che possono mettere al riparo le primarie da indebite ingerenze e da forme di controllo del voto da parte di apparati clientelari e criminali, sia rispetto all’eventuale ricorso a questo strumento anche per determinare le candidature per Palazzo Chigi». Per Augello non è questa la ricetta miracolosa. «Come ripeto da mesi, immagino primarie di coalizione anche per le elezioni politiche nazionali, con la possibilità di mantenere il voto segreto nel limite dell’espressione di un’unica possibile indicazione di preferenza. Non di meno, riconosco loro la concretezza della prima iniziativa autorevolmente firmata dal Pdl per trasferire l’intera questione dal terreno delle chiacchiere alla proposta di legge». Tuttavia il sottosegretario cerca di guardare la parte mezza piena del bicchiere: «A partire dal prossimo consiglio nazionale il loro articolato consentirà di approfondire un dibattito che abbiamo troppo a lungo rinviato».
Si dice invece entusiasta Basilio Catanoso. «Il ddl sulle primarie –  dice il coordinatore provinciale di Catania del Pdl –  rappresenta certamente la volontà del Pdl di riprendere la strada che è stata motivo della stessa fondazione del partito due anni fa e di Alleanza nazionale tempo prima. In sintesi: dare voce alle migliori istanze che provengono dagli italiani». Soddisfatto anche Domenico Nania che rilancia: «Le primarie sono altrettanto fondamentali come metodo preliminare di indicazione dei candidati, in un sistema di tipo maggioritario come il nostro. Se si vuole correggere questa legge elettorale – precisa il senatore Pdl – occorre introdurre o una preferenza o le primarie per scegliere l’ordine di lista di deputati e senatori. Sostengo da sempre che le primarie sono nel Dna della destra». Insomma, non sarà la panacea, ma la medicina può sortire qualche effetto.

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