Ma siete sicuri che avete vinto voi?
I guru del giornalismo sono concordi: il risultato dei referendum è la vittoria dei blogger, di twitter dei facebooker e di tutte le cose che finiscono con “er”. Grande trasformazioni del costume e della comunicazione politica, con cui la politica, appunto, dovrà fare i conti. Sono gli stessi guru che ci assicuravano che la rivolta in Egitto era animata da giovani “naviganti” con le scarpe da ginnastica e veramente fichissimi e non da quegli omoni con le barbe che gridavano Allah-u-Akbar a piazza Tahrir. Sempre gli stessi che sostenevano che a mettere in crisi il regime siriano non sono quelle centinaia – o forse ormai migliaia – di sconosciuti su cui l’esercito spara coi carri armati e che finiscono chissà dove, ma una blogger lesbica bellissima che – improvvisamente – è sparita e quindi è stata o rapita o sequestrata dagli sgherri di Assad. Per fortuna la blogger era in realtà un americano grassoccio che aveva temporaneamente abbandonato il suo avatar siro-gay per andarsene in vacanza in Turchia. Tutto il mondo si stava mobilitando per esigere la liberazione dell’eroina siriana. Salvo scoprire che non esiste. Questa è l’informazione globale: fateci i conti.
Ma il punto è un altro: che dato politico è quello risultante dal venticello dei blog e di twitter? Dove stanno questi milioni di votanti mobilitati dagli avatar di nerd grassi o magri? Come si consolida questo consenso? Chi lo canalizza? A parte of course i proprietari di Twitter e Facebook e, ovviamente, quelli di wikipedia? Bersani? Di Pietro? Vendola? Ne dubito. I cinque o sei milioni di elettori del centrodestra che hanno votato per i referendum sono diventati bersaniani o neo-prodiani? Ma fateci il piacere.