Spopola il modello Polverini: gesti, parole forti e…
Good save Renata Polverini. Verace, un po’ folk, se ne frega dal galateo istituzionale, risponde per le rime usando termini che si sentono negli autobus affollati del mattino, quando si sgomita e ci si pesta inavvertitamente i piedi. Non ti dice mai “lei non sa chi sono io” ma a mandarti a quel paese non ci pensa due volte. Un modello nasce pure così, da una parola («zecca») urlata in faccia a un contestatore durante un comizio a Genzano. Il “modello Polverini”, sul quale i radical chic storcono il naso, conquista sempre più simpatie nelle borgate, nei piccoli comuni dell’hinterland romano, dove la gente ha bisogno di un riferimento solido, di una persona di cui fidarsi, una della porta accanto che non si fa chiamare “presidente” ma “Renata”.
Le sue “intemperanze” sono finite su YouTube, con i video cliccati da record. E lei spiega: «Sono stanca di ricevere insulti che non mi merito, perché in questo paese c’è da parte di qualcuno il sentimento per cui se si fa politica allora non si può reagire, perché di certo si ha qualcosa da nascondere. Io non ho nulla da nascondere, per cui se vengo insultata ho deciso di rispondere». Ora c’è un altro video che sbanca sul web, quello del comizio a Sora. «Niente in confronto allo scontro verbale sulla piazza di Genzano – dice – qualche settimana fa sono stata a Sora e sembrava che io lanciassi anatemi verso alcuni alleati di coalizione. Io invece ho solo risposto al fuoco davanti a un’altra contestazione. Quando ho rivisto il video mi sono detta “ero proprio arrabbiata”. Ma dopo quanto è successo nei giorni scorsi, il video di Sora era proprio una passeggiata». A Genzano infatti è accaduto di tutto. Ad attenderla c’era un gruppo di provocatori, i soliti noti, che hanno cercato di impedirle di parlare con fischi e urli, «fascista», «vergogna». La Polverini non si è tirata indietro, non ha finto di non sentire. «Questa è la democrazia – ha detto inizialmente – e ve ne dovete fare una ragione. La democrazia è un comportamento, un modo di agire». Poi, mentre i contestatori continuavano nell’azione di disturbo, ha alzato i toni: «Fatela finita, aspettate lì che quando scendo discutiamo noi…». Ecco la Renata vera, quella che si libera in un istante dal look di governatrice e “colpisce” la testa più calda dei contestatori: «Ao’, co’ me caschi male, so’ de strada come te e io le manifestazioni le organizzavo già quando tu c’avevi i calzoni corti. Mica me faccio mettere i piedi in testa da una zecca come te». Boato dei sostenitori assicurato, il “compagno” dei centri sociali zittito con una frase. Ma non finiva qui. «Fatemi il cacchio di piacere, andatevene a casa, pensate di mettermi paura?». E a un militante che con una telecamera immortalava il suo sfogo: «Riprendi… riprendi pure. Ma lo sai che ci faccio io co’ quella? Mo’ scendo e te lo dico». La risposta dei centri sociali: pugni chiusi e Bella ciao. Ma vadano pure al diavolo.
Il “modello Polverini” si arricchisce di nuove sfumature. Ora la vedremo con il numero dietro la schiena e le scarpette da ginnastica: «Io corro sempre e i miei collaboratori sono costretti a corrermi dietro anche fisicamente: li “costringo” anche a fare jogging. Ma si preparino perché a fine maggio correrò due maratone a Roma», dice intervenendo a un’iniziativa elettorale a sostegno del candidato sindaco di Città Nuove a Sora, Enzo Di Stefano. La Polverini spiega che le due competizioni saranno “Race for the cure”, a Caracalla il 22 maggio a sostegno della lotta al tumore al seno. La seconda gara è la “Alba race”, che si correrà al Foro Italico il 24 maggio dalle 5,30 del mattino su un percorso di sei chilometri.