Così Stato e impresa fanno scuola (e occupazione)
Dalla Ferrari a Gucci, dalla Carpenè Malvolti alla Ariston, passando per Guzzini, Fincantieri, Alenia, Manes. Sono sono alcune delle aziende che collaborano con il ministero dell’Istruzione alla realizzazione dei nuovi cinquantotto Istituti tecnici superiori, che esordiranno a settembre. Si tratta di scuole post-diploma per la formazione di tecnici altamente specializzati, che rispondono a una delle grandi domande del sistema-Paese: come accorciare le distanze tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro? I due universi, finora, non si sono parlati granché e il risultato è di quelli che fanno scuotere la testa a ogni rilevazione statistica sulla domanda e sull’offerta: il 28,6% dei giovani italiani è disoccupato, ma alle aziende nazionali mancano 110mila lavoratori specializzati. L’altro giorno il progetto è stato presentato dal ministro Mariastella Gelmini, ora a parlare sono gli imprenditori.
Gli uomini fanno le aziende
Luca Guzzini, presidente del gruppo Teuco di cui fa parte la nota azienda di prodotti per l’illuminazione e vicepresidente di Confindustria di Macerata, ha illustrato un po’ più nel dettaglio i numeri. «Nel 2010 i diplomati nei settori tecnici sono stati 126mila, ma la domanda da parte delle aziende era di 236mila persone. Significa che ci sono 110mila posti di lavoro disponibili per cui mancano profili adatti. E noi – ha aggiunto l’imprenditore – abbiamo l’esigenza di reperire uomini, perché le imprese sono fatte di uomini». Dunque, il mondo del lavoro per primo ha accolto il progetto come un’opportunità. «Consente a scuola e impresa – ha spiegato ancora Guzzini – di costruire insieme agli studenti un percorso che lascia fuori tutto ciò che non serve, a partire dagli eccessi di burocrazia». Gli istituti saranno delle fondazioni, costituite da scuole, università e imprese. In questo modo potranno impiegare capitali misti pubblici e privati, ma potranno anche mettere a frutto le esperienze virtuose già sperimentate da alcune imprese sul territorio, elevandole a sistema nazionale. La stessa Guzzini, nella sua storia imprenditoriale, ha supportato una scuola tecnica del territorio con risorse e corsi. Lo ha fatto anche, forse soprattutto, quando dagli anni Ottanta in poi l’istituto è stato a rischio chiusura perché «come gruppo industriale – ha raccontato il patron della Teuco – sappiamo che diffondere la cultura tecnica e scientifica è fondamentale per il sistema produttivo italiano. Oggi esiste un vuoto in questo settore, che va colmato a vantaggio delle singole aziende, dei ragazzi e dell’intero paese». Con questo spirito, dunque, Luca Guzzini sarà presidente dell’Istituto tecnico superiore per le Nuove tecnologie per il Made in Italy di Recanati.
Tecnici, non “dottori”
La stessa attitudine, però, si trova in un altro imprenditore italiano di primo piano che ha deciso di partecipare al progetto per la formazione tecnica. Si tratta di Etile Carpenè, presidente della casa vinicola Carpenè Malvolti, che dopo molte “pressioni” ha ceduto alle richieste del territorio e ha assunto l’incarico di presidente della fondazione che guiderà l’«Istituto tecnico superiore per le nuove tecnologie per il Made in Italy. Comparto agro-alimentare e vitivinicolo». «Sono in pensione…», ha detto, per spiegare l’iniziale riluttanza. Anche Etile Carpenè, come Guzzini, però, ha un profilo che ben si presta a guidare questa nuova esperienza: anche lui è un imprenditore da sempre attento al tema della formazione. La scuola enologica di Treviso fu fondata dal bisnonno ed è sempre stata seguita dalla sua famiglia, anche quando, proprio come per gli istituti tecnici del recanatese, ha vissuto periodi meno floridi. C’è poi il fatto che «come tutte le imprese – ha chiarito – sentiamo il bisogno non tanto di generici laureati, ma di tecnici preparati su qualcosa che serva alle aziende». La Carpenè Malvolti, come tutte le altre aziende sul territorio nazionale, ha avuto un ruolo operativo nella definizione degli indirizzi di studio per i futuri tecnici iperspecializzati. «Abbiamo individuato – ha raccontato il presidente – due profili di cui sentiamo un po’ la carenza: un tecnico che possa sovraintendere a tutto il processo produttivo dal punto di vista qualitativo, e questo sia per il settore enologico che per quello agroalimentare, e un profilo tecnico all’interno delle aziende che abbia un occhio al marketing e al mercato, perché poi il mercato è ciò a cui ci rivolgiamo».
Per le aziende e il paese
L’individuazione delle figure professionali di cui più le aziende sentono la mancanza, e quindi che più garantiscono possibilità di occupazione ai ragazzi, è uno degli atout assicurati alle nuove scuole dalla collaborazione tra pubblico e privato. L’altro è che un terzo dei due anni di studio si svolgerà direttamente in azienda, sotto la forma di tirocinio. Infine, c’è il fatto che metà degli insegnanti verrà dal mondo dell’impresa, contribuendo a dare un carattere fortemente pratico alla didattica. «Questo progetto di formazione professionale – ha commentato Stefano Ranghieri, responsabile comunicazione della Ariston Thermo – va a formare dei ragazzi che poi si potranno affacciare subito al mondo del lavoro. Li andiamo a specializzare in varie aree e come azienda diamo un supporto tecnico». La Ariston Thermo collabora con l’Itis Merloni di Fabriano e il campo in cui sarà attiva è, in particolare, quello dell’efficienza energetica, «che rientra nel business della nostra azienda». Anche la Ariston non è nuova alla collaborazione con le università e le scuole: «La formazione di tecnici – ha spiegato Ranghieri – è molto importante per le nostre aziende, ma riteniamo anche che sia molto importante per il territorio. Investire in questo campo per la crescita di persone capaci significa fare un’operazione fondamentale per l’impresa e per l’intero tessuto economico locale». Ma aziende e Stato non sono gli unici soggetti che hanno “fatto l’impresa”. Alla realizzazione degli Itis partecipano anche 16 Regioni, 110 istituti tecnici e professionali, 67 università e centri di ricerca e 87 strutture di alta formazione, moltissime associazioni di industriali. Ma quanto c’è voluto per mettere in piedi queste scuole? «Abbiamo iniziato a parlarne – ha raccontato Etile Carpené – un po’ più di un anno fa, agli inizi del 2010 e siamo entrati da subito come soci fondatori».