È pace, ma il ministro cede sul decreto “scossa”

22 Apr 2011 19:47 - di

Il giorno dopo l’attacco di Galan a Tremonti, la parola d’ordine è pacificare. La sindrome Tafazzi, che in genere pervade ogni mossa politica del Pd, da qualche tempo attanaglia anche il Pdl, e proprio a ridosso delle elezioni, cui Berlusconi ha impresso un marchio molto, molto “politico”. Ecco perché il premier, pur condividendo alcuni dei rilievi mossi al suo ministro dell’Economia, in primis quello di non riservare qualche gruzzoletto per iniziative di impatto elettorale, lo ha difeso in prima persona manifestandogli personalmente la propria vicinanza in un incontro svoltosi giovedì sera a Palazzo Grazioli. Ieri, nel giorno in cui tutto il Pdl schierava sui giornali i “big” in difesa di Tremonti (anche i meno amici di Giulio, quelli della corrente Liberamente, come i ministri Gelmini e Prestigiacomo) viene da chiedersi se Galan sia realmente così isolato all’interno del partito. E un indizio arriva da una sibillina dichiarazione del presidente della Commissione Lavori pubblici del Senato, Luigi Grillo, secondo cui «le critiche rivolte al ministro Tremonti lo stanno avvertendo che il rigore fine a se stesso non fa bene al Paese». Una dichiarazione “in veritas” che arriva, non a caso, a margine di una conferenza stampa a Genova sul «terzo valico», su cui si attende la copertura finanziaria da Tremonti.
Tregua, dunque, con spifferi di veleni, ma con la crisi in atto e il risanamento da portare avanti (e la Grecia sull’orlo del default), Tremonti aveva chiarito bene al premier che “crostate” da spartire non ce ne sono, impegnandosi però a partorire, nel più breve tempo possibile, una riforma del fisco in grado di avere un impatto energico sulle tasche degli italiani e un decreto per lo sviluppo su che potrebbe vedere la luce prima delle elezioni. Per adesso, però, “si deve remare uniti fino alle urne di metà maggio”, questo è l’imperativo del premier, che anche ieri ha fatto sapere di voler rinviare a dopo il voto anche tutte le questioni interne di partito, dai vertici ai congressi, alle quote tra ex Fi ed ex An. Una posizione condivisa anche dalla Lega, che ieri ha scaricato (ma era una mossa del tutto scontata), l’ex governatore del veneto Galan, schierandosi apertamente col titolare dell’Economia, senza però risparmiare critiche (indirette, perché affidate alla Padania) alquanto incisive. Il Carroccio, prima di aprire una fase nuova di governo, attende a sua volta l’esito della tornata elettorale, convinta che il voto di maggio non possa che premiarla e rafforzarne il potere contrattuale nei confronti del Pdl. Un partito, il Popolo della libertà, che nell’anniversario della rottura tra Fini e Berlusconi oggi si trova a fronteggiare le iniziative dei singoli parlamentari, a caccia di visibilità, e le fibrillazioni milanesi, dove anche ieri s’è consumato uno scontro intestino, stavolta tra il sindaco Moratti e Daniela Santanché, ovviamente sul candidato più o meno “fantasma” Roberto Lassini, autore dei manifesti contro i giudici.
«Testa bassa e lavorare per il voto», ha detto il premier ai vertici del partito. «Qui si devono dare tutti una calmata», gli ha fatto eco il capogruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri in un’intervista al Secolo XIX: «Galan – spiega Gasparri – ha passato 15 anni a fare il presidente di una Regione importante ma ora ha finalmente una visibilità a livello nazionale e la sfrutta».
In piena campagna elettorale, aggiunge, alcune affermazioni «non aiutano, sono errori politici e creano inutili complicazioni», mentre l’unico obiettivo del Giornale è quello di «vendere più copie». Gasparri afferma che sta lavorando «da settimane» per «riportare un clima di concordia nel partito» e quindi non ha gradito per nulla «il modo in cui Galan è intervenuto nel dibattito, tirando in ballo anche Cicchitto e La Russa». Contro il quotidiano diretto da Sallusti si rivolge anche il deputato del Pdl Osvaldo Napoli, secondo cui il Giornale “è una testata amica, ma certe volte ci crea qualche problema, specie ora che siamo impegnati in campagna elettorale”. Un attestato di stima a Tremonti arriva anche da Gianni Alemanno, che in passato aveva avuto più di un motivo di scontro con il titolare dell’Economia. «Credo sia doveroso esprimere piena solidarietà al ministro Giulio Tremonti. Tante volte mi è capitato, a me come a molti altri uomini di governo o amministratori, di avere confronti duri e serrati con il ministro dell’Economia su problemi economici e finanziari. Ma ogni qualvolta i problemi sono stati posti in maniera seria e realistica, una soluzione alla fine è stata trovata, come nel caso del reintegro del Fus, operato attraverso il decreto Milleproroghe», dichiara il sindaco di Roma..
E la Lega? Umberto Bossi avrebbe chiesto ai suoi di non alimentare polemiche sul caso Tremonti il giorno dopo l’affondo di Giancarlo Galan. «Tra moglie e marito è meglio non mettere il dito», dice un autorevole esponente padano che preferisce restare anomino di fronte al polverone di queste ore all’interno della maggioranza. Alla Lega non piace quanto sta accadendo nel Pdl, ma tutto sommato potrebbe ricavarne un vantaggio elettorale. Ecco perché affida a La Padania un commento graffiante sullo stato dell’arte, prendendo spunto dalle ultime fibrillazioni legate al dopo-Berlusconi con la candidatura (poi affondata dallo stesso Cavaliere) di Angelino Alfano alla premiership del centrodestra:«Mentre il Carroccio si “sbatte” sul territorio nel Pdl non trovano di meglio che darsi alla mattanza dei delfini».
E Tremonti? Lavora a un super decreto per lo sviluppo: giovedì prossimo, 28 aprile, è prevista infatti una nuova riunione al ministero del Tesoro per mettere a punto il testo che poi, dopo il via libera del Consiglio dei ministri, dovrebbe arrivare in Parlamento per la conversione già ai primi di maggio (la settimana dal 2 all’8 maggio). Tra gli interventi annunciati per dare come ha detto il premier, Silvio Berlusconi, «una scossa all’economia» ci sarà la riedizione del piano per gli ampliamenti di casa (20% o 30% in più se si ricostruisce l’unità abitativa), o il credito di imposta (90%) per chi investe in ricerca nelle Università. La portata del decreto dipenderà in ogni caso dalla quantità di risorse che si potranno liberare.

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