Gli italiani diffidano della burocrazia, così fallisce l’e-government di Renzi

9 Mag 2015 13:06 - di Paolo Lami

Non si fidano della Pubblica Amministrazione. Vivono il Fisco e, di conseguenza, lo Stato, come un nemico. E quando si tratta di stabilirci un dialogo, magari online, evitano di farlo in tutte le maniere. Gli italiani utilizzano poco o nulla i servizi online della Pubblica Amministrazione. E anche quando li utilizzano dichiarano apertamente di non esserne per nulla soddisfatti. Di fatto, da questo punto di vista, l’Italia è come la Bulgaria nell’utilizzo dei servizi online della Pubblica Amministrazione. Gli italiani che usano la rete per comunicare con la Pa sono pochi e insoddisfatti, circa il 36 per cento della popolazione. Una percentuale che ci vede al terzultimo posto tra i 28 Stati Ue, dove la media è del 59 per cento: in pratica l’Italia è allo stesso livello della Bulgaria con il 36 per cento e peggio fa solo la Romania attestata al 17.
Il rapporto complicato e fallimentare fra la Pubblica Amministrazione e la popolazione italiana è qualcosa che già si immaginava a lume di naso ma ora un dossier presentato all’Assemblea dei Giovani Imprenditori Confartigianato cristallizza e fotografa in profondità questa incapacità dello Stato di stabilire un dialogo con i propri cittadini.

Solo il 33 per cento utilizza i servizi e-government del Fisco

Secondo lo studio, i servizi online della Pubblica Amministrazione sono utilizzati dall’85 per cento delle imprese, una quota inferiore di 3 punti rispetto alla media Europa.
Ma il divario con l’Europa aumenta e diventa poi un abisso per alcune tipologie di servizi: per le dichiarazioni Iva e contributi in via elettronica gli imprenditori italiani sono il 33 per cento in meno rispetto alla media dell’Ue a 28.
L’invio telematico di moduli compilati vede le imprese italiane distanti di 16 punti percentuali dal resto d’Europa.
Quanto poi a scaricare moduli dai siti della Pa e offrire beni e servizi il gap con l’Europa è di 4 punti percentuali.
«I ritardi dell’e-gov (l’Amministrazione digitale, ndr) – sottolinea Marco Nardin, Presidente dei Giovani Imprenditori di Confartigianato – non contribuiscono a migliorare la situazione delle imprese italiane che pagano a caro prezzo le complicazioni della burocrazia italiana: 30.980 milioni l’anno. Soltanto per le 578.947 imprese guidate da giovani si tratta di un costo annuo pari a 2.588 milioni di euro. Ci auguriamo che il Disegno di legge di riforma della Pa venga rapidamente approvato entro l’estate per poter imprimere una svolta anche sul fronte della cittadinanza digitale».

Il linguaggio criptico dei burocrati ostacola l’e-government

Ma, probabilmente, all’origine del fallimento delle politiche di e-government c’è, soprattutto, un problema culturale e di linguaggio.
Lo Stato stesso – e il Fisco, prima di tutto – si pone nei confronti del cittadino e delle imprese in maniera conflittuale e criptica. C’è una diffusissima tendenza a nascondere le informazioni anziché a rilasciarle, a detenere in maniera quasi ossessiva lo scettro dei dati piuttosto che a rilasciarli ai cittadini. E poi, appunto, c’è l’incapacità dello Stato di dialogare.
Sentite come lo Stato, attraverso il ministero della Funzione Pubblica, tenta di spiegare ai cittadini così l’e-government nel documento soprannominato pomposamente “Progetto Paese“: «il fiume dell’innovazione scorre alimentato dai numerosi affluenti che vi immettono le esigenze competitive delle imprese, la domanda pressante dei cittadini di servizi sempre più personalizzati nei contenuti e nei tempi di risposta, i cambiamenti demografici con la loro babele di lingue. Solo pochi anni fa ci confrontavamo con i problemi della terza età, oggi chi saprebbe dire con quante età abbiamo a che fare e quali sono le modalità più efficaci per corrispondere ai bisogni che esse pongono? Sono sfide che la Pubblica Amministrazione deve cogliere». Ma che, evidentemente, la Pubblica Amministrazione non è proprio in grado di cogliere se si rivolge così ai propri cittadini.
A tutto questo disastro si aggiungono, poi, anche le lentezze nella digitalizzazione della Pa che finiscono per riflettersi sul basso utilizzo di Internet per compilare e spedire moduli burocratici: appena il 18 per cento degli italiani ha usato questa modalità per ridurre il tempo in coda agli uffici pubblici. L’Europa ci batte con una media del 33 per cento e peggio di noi fanno la Repubblica Ceca (14 per cento), la Bulgaria (13 per cento), la Romania (6 per cento).
Tra gli italiani che svolgono pratiche on line, prevale l’insoddisfazione per la qualità del servizio offerto dalla Pa.
Il 31 per cento di coloro che ha utilizzato Internet per interagire con gli uffici pubblici si dice deluso per 4 motivi: difficoltà di trovare le informazioni, scarsa utilità delle informazioni stesse, difficoltà a comprendere lo stato di avanzamento della pratica, difficoltà nell’utilizzo dei servizi disponibili sul sito web.

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