A 42 anni dal rogo di Primavalle, quelle immagini che non dimenticheremo mai

16 Apr 2015 17:37 - di Giovanni Trotta

Primavalle, una ricorrenza da non dimenticare. Sono passati 42 anni da quella trerribile notte del 16 aprile 1973 che distrusse la famiglia Mattei, vittima di un agguato vile in cui un bambino di otto anni, Stefano, e un giovane di 22, Virgilio, persero la vita nell’incendio che distrusse la loro casa dove abitavano con i genitori e con i fratelli, rimasti tutti feriti in modo più o meno grave. Sono passati 42 anni da quando militanti di Potere Operaio, formazione extraparlamentare dell’epoca, appiccarono il fuoco all’appartamento popolare della famiglia Mattei, in via Bernardo da Bibbiena 33, lotto 15, scala D, interno 5, con della benzina, due litri, secondo le perizie.

Il rogo di Primavalle

Furono rinviati a giudizio Achille Lollo, Manlio Clavo e Marino Grillo. Un crimine esecrabile, quello di Primavalle, e altrettanto inaccettabile tutto lo strascico di lungaggini, bugie, silenzi, complicità e depistaggi che ne sarebbe seguito, almeno quanto imperdonabile la crociata sottoscritta da molti intellettuali e giornali solerti nello schierarsi in difesa degli imputati. Tra gli altri – i tanti, troppi – Dario Fo e Franca Rame si adoperarono per attivare “Soccorso rosso” in favore di chi aveva causato la morte di un bambino e di un ragazzo, e con loro altri autorevoli esponenti della sinistra. Basti pensare che il quotidiano Lotta Continua il giorno dopo l’eccidio titolò: «La provocazione fascista oltre ogni limite: è arrivata al punto di assassinare i suoi figli». Sì, perché la tesi di tutte le sinistre e non solo delle sinistre fu quella di una faida interna tra fascisti, che per qualche settimana resse, per poi essere frantumata dalle perizie, dai fatti, dall’opinione pubblica, dalla magistratura e, nel 2005, dallo stesso Lollo che, dal Brasile, ammise che quella notte lui c’era e non da solo. Solo il Movimento Sociale e i suoi dirigenti e militanti conoscevano da tempo la verità, da sempre, e tentarono con ogni mezzo di diffonderla, vanamente; ma molti italiani neanche sapevano cosa fosse successo quella notte di 42 anni fa nel popolare quartiere di Primavalle, perché all’intera vicenda fu messa per decenni una sordina mediatica: i morti erano di serie B, figli di un dio minore, di loro non si doveva parlare e, soprattutto, gli assassini non erano tali.

La famiglia Mattei

Mario Mattei, il capofamiglia, era il segretario della sezione missina di Primavalle, la “Giarabub”, e il figlio maggiore, Virgilio – morto con il fratellino Stefano nel rogo – militava nei “Volontari nazionali”, formazione del Msi. La madre Anna Maria e i due figli più piccoli, Antonella di 9 anni e Giampaolo di soli 3 anni, riuscirono a fuggire dalla porta principale. Altre due figlie si salvarono: Lucia, di 15 anni, aiutata dal padre Mario si calò nel balconcino del secondo piano e da lì si buttò, presa al volo ancora dal padre. Silvia, 19 anni, si gettò dalla veranda della cucina e riportò incredibilmente solo qualche frattura. Era una famiglia proletaria, di un quartiere popolare, ma era fascista, e questo l’intelleghentzia comunista non lo poteva tollerare: non poteva tollerare che il Msi a Primavalle non solo esistesse, ma che avesse anche un certo seguito.

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