Se i tagli dei tecnici non sono chirurgici

9 Dic 2012 0:04 - di Guido Liberati

«La nostra sanità pubblica è chiamata a ripensarsi in vista di una rimodulazione e adattamenti di cui dobbiamo avere consapevolezza. Dobbiamo imparare a gestire il divenire del processo demografico in corso in modo più efficiente». Quello di Mario Monti è più di un avviso ai naviganti.
Nel 2011 le famiglie hanno tirato fuori di tasca loro (out of pocket), per acquistare beni e servizi sanitari, ben 28 miliardi di euro, pari all’1,76% del Pil. Lo evidenzia il 46° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.
Una spesa sostenuta soprattutto per far fronte alla scarsità di cure domiciliari e integrazione socio-sanitaria, necessarie per sostenere l’aumento dei malati gravi e cronici. E anche se, secondo l’Ocse, la spesa out of pocket italiana nel 2010 è stata pari al 17,8% della spesa sanitaria complessiva, quindi al di sotto della media Ocse del 20,1%, gli italiani spendono molto di più di altri Paesi europei come Francia (7,3%), Regno Unito (8,9%) e Germania (13,2%).
«La crisi della sanità italiana non va affrontata solamente dal punto di vista economico. In questo modo, i problemi non si risolvono e chi è costretto a pagare è il malato. Questo Governo ha preso in mano il Paese in una situazione di emergenza e con poco tempo a disposizione per correre ai ripari. Mi astengo quindi per ora dal giudicarlo. Continuare su questa strada sarebbe però una grave pigrizia mentale: ristrutturare implica lo sforzo di individuare gli sprechi, eliminare le inefficienze e liberare risorse a favore delle strutture virtuose». Così Joaquin Navarro-Valls, medico e presidente dell’Advisory Board (Comitato di consiglio e indirizzo) dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.
«È una crisi complessa, che presenta più di un fattore – spiega l’ex direttore della Sala stampa della Santa sede durante il pontificato di Giovanni Paolo II – e come tale non può essere risolta tenendo conto di un solo parametro. C’è sicuramente quello economico, la necessità di riprendere il controllo della spesa pubblica in sanità. Il problema della sostenibilità dei sistemi sanitari nei Paesi avanzati non è però un grattacapo solo italiano. Riguarda più o meno tutti i Paesi europei. Se in Italia si sta manifestando in modo così accentuato rispetto a nazioni come Germania, Olanda, Paesi scandinavi, è perché al problema della scarsità delle risorse se ne aggiungono altri». In particolare, secondo Navarro-Valls, «il sistema italiano soffre di un problema di credibilità. Penso a come inefficienze e incapacità di rinnovamento rendano poco credibile il sistema sanitario – sottolinea – innanzitutto agli occhi di chi ci lavora dentro tutti i giorni, creando quindi un problema molto serio di motivazione». Per quanto riguarda il problema della sostenibilità del Ssn, sollevato da più parti, per Navarro-Valls «sono necessarie una riorganizzazione complessiva del sistema e una classe dirigente in grado di pensarla e attuarla. Ci sono compiti d’indirizzo che spettano sicuramente alla classe politica. Scegliere, per esempio, tra un servizio sanitario nazionale aperto a tutti e finanziato con soldi pubblici oppure un sistema di sole assicurazioni private, oppure un sistema misto, è una decisione di fondo che un Paese compie rispetto al valore che attribuisce alla salute. Questa è una scelta politica».

Commenti