Trattative in corso
Trump: “Incontrerò Zelensky e Putin quando l’intesa sarà definitiva”. Ma la Russia si impunta sulla vecchia bozza del piano di pace
«Spero di poter incontrare presto Zelensky e Putin, ma solo quando l’accordo per porre fine a questa guerra sarà definitivo o nelle sue fasi finali», dice The Donald. Ma Mosca insiste sulla bozza originaria e Kiev chiede garanzie
Donald Trump ripete due volte la stessa formula: «Penso che siamo molto vicini a un accordo. Non è facile, ma penso che ci arriveremo». Poi aggiunge: «Vedremo, stiamo facendo progressi». Lo fa durante la cerimonia del Thanksgiving, forse un modo anche simbolico per dare speranza a un processo di pace che negli ultimi giorni è passato tra incertezze e resistenze.
Zelensky: “Pronti ad andare avanti”
Dall’Ucraina arriva una disponibilità vigile. Volodymyr Zelensky, consapevole del rischio politico di apparire come l’ostacolo alla pace, si spinge a dire: «Sosteniamo l’essenza del quadro dell’accordo, siamo pronti ad andare avanti». Ma dietro quella frase restano irrisolte le questioni centrali: confini, sicurezza, capacità militari. Il capo di gabinetto Andriy Yermak segnala ad Axios l’urgenza del presidente: vuole un colloquio «il prima possibile, entro il ponte del Ringraziamento».
La Russia non ci sta
La Russia, invece, chiude ogni spiraglio di revisione. Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ribadisce che per Vladimir Putin il solo testo valido è la bozza originale in 28 punti, partorita dopo i colloqui riservati successivi al vertice di Anchorage. Sergey Lavrov, ministro degli Esteri, rincara: della versione iniziale «non si deve perdere lo spirito e la lettera». Per Mosca, la tenuta del testo originario è un elemento strategico: modificarlo significherebbe riconoscere un margine di pressione internazionale.
Tutto ruota infatti attorno al documento: la bozza rivista sarebbe passata da 28 a 19 punti. Tra le modifiche più rilevanti: l’eliminazione del divieto rigido di adesione alla Nato e l’aumento del limite delle forze armate ucraine da 600 mila a 800 mila soldati.
Diplomazie in movimento
Mentre Washington invia emissari in Europa e Medio Oriente per rendere il piano accettabile a più attori possibili, negli Emirati Arabi Uniti si consuma una fase delicata del confronto. Abu Dhabi, come riportato già ieri sul Secolo d’Italia, ospita infatti i colloqui paralleli tra delegazioni militari statunitensi e russe, affiancate dal dialogo tra gli americani e gli ucraini. A orchestrare il movimento è il segretario dell’Esercito Dan Driscoll, già protagonista dei confronti di Ginevra.
Il suo portavoce, John Tolbert, riassume lo stato delle discussioni: «I colloqui stanno andando bene e restiamo ottimisti». Una valutazione che stride con la rigidità russa, ma indica che per la prima volta si entra nel merito: linee del fronte, infrastrutture da proteggere, forme di tregua mirate.
Trump: “Vertice a 3 solo ad accordo definitivo”
Da Washington, poi, la portavoce Karoline Leavitt parla di «enormi progressi fatti», pur riconoscendo «alcuni dettagli delicati, ma non insormontabili». Trump va oltre e, su Truth social, scrive: «Il piano di pace originale in 28 punti, redatto dagli Stati Uniti, è stato perfezionato con ulteriori contributi da entrambe le parti e ora rimangono solo pochi punti di disaccordo». Annuncia inoltre la missione di Steve Witkoff a Mosca e un incontro parallelo di Driscoll con gli ucraini. Poi chiarisce il suo ruolo futuro: «Spero di incontrare presto Zelensky e Putin, ma solo quando l’accordo per porre fine alla guerra sarà definitivo o nelle sue fasi finali».
Una guerra che continua
Sul campo la situazione resta drammatica. Missili e droni hanno colpito Kiev, causando sette morti e venti feriti. Nel mirino anche Odessa, Dnipro, Kharkiv, Chernihiv e Cherkasy. Zelensky ricorda agli alleati: «La guerra non è ancora finita». L’Ucraina risponde con attacchi mirati su obiettivi militari e logistici russi, colpendo una fabbrica a Taganrog, un impianto Beriev e un terminal petrolifero a Novorossiysk.
L’inviato Usa alla Nato, Matthew Whitaker, afferma che «siamo più vicini che mai a raggiungere la pace». Una convinzione condivisa anche da Papa Leone, che osserva: «Grazie a Dio stanno lavorando, sembra che si stiano avvicinando nel dialogo. Invito a un cessate il fuoco, in troppi stanno morendo».