La Cgil isolata
Caro Landini, quanto ci costi. Conflavoro presenta il conto degli scioperi: «5,5 miliardi di euro l’anno tra danni diretti e indiretti»
Dalla Cisl alla Ugl, gli altri sindacati prendono le distanze dalla serrata e ricordano che il conflitto per il conflitto non serve né ai lavoratori né al Paese
Un nuovo venerdì nero si preannuncia per gli italiani, alle prese con l’ennesimo sciopero generale indetto dalla Cgil. Saranno poi i numeri del bilancio finale a dire com’è andata: l’ultima “serrata” non è stata poi questo grande successo in termini di adesione e, anzi, si può parlare di vero e proprio flop. Ciononostante, disagi per i cittadini ce ne sono stati eccome, per quello che ormai è universalmente riconosciuto come “effetto annuncio”. La pratica del venerdì cigiellino ha ormai perso ogni credibilità, tanto che anche gli altri sindacati prendono apertamente le distanze, ricordando che certe proteste pregiudiziali, certe dinamiche conflittuali per mero esercizio di conflitto non servono né al Paese né ai lavoratori. È stata poi Conflavoro a fare due conti su quanto ci costano le “piazzate” rosse: «5,5 miliardi di euro l’anno tra danni diretti e indiretti».
La Cisl: «Noi crediamo nel confronto»
«Noi crediamo molto nel confronto e utilizziamo il conflitto soltanto quando il confronto non porta alcun tipo di risultato alle persone che noi rappresentiamo e alla collettività», ha detto la segretaria generale della Cisl, Daniela Fumarola, per la quale «bisogna assolutamente continuare con il confronto». «Quello che noi abbiamo sviluppato in tutte queste settimane è, così come è successo nelle altre circostanze, il confronto, che poi ha pagato perché ci sono arrivati dei risultati importanti», ha aggiunto, spiegando che nella manovra ci sono elementi che la Cisl apprezza e altri che non condivide e sui quali è intenzionata a continuare a battere. Per questo il sindacato andrà in piazza sabato a Roma, ma senza avere la pretesa di bloccare la città e tanto meno il Paese.
L’Ugl: «Sciopero politico e pregiudiziale, che non c’entra con la tutela dei lavoratori»
Anche il segretario generale della Ugl, Paolo Capone, ha espresso un «netto dissenso rispetto allo sciopero indetto dalla Cgil contro la manovra finanziaria». «Si tratta di uno sciopero politico e pregiudiziale, che – ha sottolineato Capone – nulla ha a che vedere con la tutela reale dei lavoratori. Ancora una volta si tenta di trasformare il sindacato in un soggetto di opposizione al Governo, utilizzando i lavoratori come strumento di scontro ideologico. Non è evocando conflitti o alimentando tensioni sociali che si costruiscono soluzioni». «Il nostro compito – ha ricordato ancora il leader dell’Ugl – resta quello di difendere i lavoratori attraverso il dialogo e il confronto, non di fomentare contrapposizioni che allontanano il sindacato dalla sua missione originaria».
Ciriani: «Faccio fatica a credere nella buona fede di Landini»
«Il diritto allo sciopero è sacrosanto ed è un diritto che nessuno vuole toccare, anzi va garantito», ma «faccio fatica a credere alla buonafede di Landini, che da quando c’è questo governo agisce come soggetto politico e non sindacale…», ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ricordando che Landini «diserta i tavoli contrattuali e abbiamo perso il conto degli scioperi che ha organizzato». «Probabilmente vuole dettare la linea economica alla sinistra. Lo sciopero generale della Cgil è politico, il sindacato vuole dimostrare di essere un soggetto politico antagonista al governo. Le sue critiche al governo le rigettiamo perché sono pretestuose», ha concluso Ciriani.
Landini isolato, ma rilancia
Ad ammettere che si tratta di uno sciopero politico è, del resto, lo stesso Landini. Che però la prende ancora più larga: «È uno sciopero sociale. Ma anche politico, certo. Chiede di cambiare le politiche sbagliate del governo Meloni. Rivendica un futuro di pace e giustizia sociale per le nuove generazioni». E, ancora, è «contro una manovra d’austerità che non serve al Paese e che viene fatta solo per abbassare il deficit e comprare armi». Le solite parole d’ordine sui massimi sistemi, insomma.
Conflavoro presenta il conto degli scioperi
È andata molto sul concreto, invece, l’analisi di Conflavoro, secondo cui l’Italia conta 1.129 proteste all’anno, pari a 3,1 scioperi ogni giorno, che costano 5,5 miliardi di euro l’anno tra danni diretti e indiretti, con una perdita di produttività per le imprese stimata tra 1,8 e 2,4 miliardi e minori entrate per lo Stato comprese tra 580 e 810 milioni di euro. Nel complesso, il peso degli scioperi sul Pil italiano, fa sapere la Confederazione Nazionale Piccole e Medie Imprese, oscilla tra lo 0,15% e lo 0,25% annuo. «Lo sciopero proclamato dalla Cgil venerdì 12 dicembre trasforma un diritto costituzionale in uno strumento di ricatto politico, scaricando sulle imprese e sul sistema produttivo costi che il Paese non può più permettersi», ha commentato il presidente nazionale, Roberto Capobianco, secondo il quale i numeri dell’associazione parlano di «un primato mondiale dell’Italia che grava pesantemente su economia, competitività e servizi essenziali». Cifre che, ha aggiunto, «parlano da sole e che descrivono un Paese dove il conflitto viene privilegiato rispetto al confronto, con ripercussioni che colpiscono imprese, lavoratori e cittadini».