Siluro ai finti trasgressivi di Sanremo, Orsina: “La cultura progressista vive solo nell’occupazione del potere”

18 Feb 2023 10:47 - di Angelica Orlandi
Orsina Sanremo

Storico, politologo, giornalista, il professor  Giovanni Orsina si lascia coinvolgere in una lunga intervista a Libero anche sul terreno del confronto tra Festival di Sanremo, sentire reale degli italiani e politica. Il tema è la falsa trasgressione sulla quale il direttore del il dipartimento School of government della Luiss Guido Carli non ha dubbi. Ha una visione ineccepiblile del parallelismo Festival pieni – urne vuote.  «Sì, anche se, come tutte le sintesi, un po’ semplifica. Tuttavia, fotografa un certo scollamento tra le avanguardie artistico-culturali e il sentire comune delle persone. Chi fa spettacolo, arte e cultura si sofferma su forme di trasgressione che una parte importante della popolazione rifiuta, ritenendole pericolose o stucchevoli”. Ma il peggio è che non si tratta di trasgressioni, spiega Orsina.

Sanremo, Orsina: “La trasgressione con gli applausi che provocazione è?…”

In più, c’è un’aggravante», definire avanguardie i gesti di Blanco e gli amplessi mimati di Fedez e Rosa Chemical ci vuole coraggio… «Negli anni Sessanta del secolo scorso esistevano le avanguardie e la società le seguiva. Oggi non si può dire che ci sia un ritardo dell’opinione pubblica. Al contrario, c’è una reazione alle avanguardie, un desiderio di tornare indietro». E poi quando si usa il termine “trasgressione” bisogna chiedersi veramente in cosa consista e non parlare a vanvera. «La trasgressione è vera quando comporta un prezzo ed esprime una contestazione delle regole sociali. A quel punto la società reagisce e ti colpisce. La reazione della società definisce il valore della protesta. Se invece per la tua trasgressione la società ti applaude e ti paga, che trasgressione è?».

Orsina: “A me pare che lo spirito del tempo lo esprima maggiormente la destra”

Insomma, la trasgressione che ammicca al consenso non s’è mai sentita. E a Sanremo abbiamo avuto l’apoteosi del trionfo del mainstream camuffato da trasgressione. Orsina stronca quel che si è visto a Sanremo e non solo: «Viviamo nel mondo della trasgressione istituzionalizzata. Il messaggio continuamente replicato è: sii te stesso, fa ciò che vuoi, esprimi la tua personalità. È il conformismo dell’anticonformismo». Per questo, quando il discorso si sposta sul voto delle Regionali e sulla “sconfitta” di quanto veicolato dal mainstream sanremese il professore spiega lo scollamento: «Il fatto è che non c’è un Paese reale, ma ce ne sono 100. A me pare che lo spirito del tempo lo esprima maggiormente la destra, soprattutto nella ribellione ai processi di globalizzazione». Alla destra spetta un compito molto arduo, afferma.

“Io sono cresciuto con Renato Zero e David Bowie…”

Il  solco tra la società dello spettacolo e il Paese reale è notevole: la gente è stufa dell’ “istuzionalizzazione della provocazione”. E in questo la cultura progressista ha le sue responsabilità, come scrisse in un editoriale: «Guardiamo le serie tv. L’elemento trasgressivo deve spuntare nei primi minuti del primo episodio. Personalmente non vedo niente di nuovo rispetto alle grandi provocazioni degli anni Sessanta e Settanta. Sono cresciuto con Renato Zero e i suoi dischi me li compravano i miei genitori, che sono dei conservatori. David Bowie era un fior di musicista, non solo una figurina gender fluid. Allora la provocazione serviva a veicolare un contenuto artisticamente notevole».

La cultura progressista ha occupato le “casematte” gramsciane. Perdute quelle…”

La cultura progressista non è in grado di fornire idee nuove «L’unica idea – ripete- è  la trasgressione per la trasgressione». Come mai allora assistiamo all’ arroccamento di questa minoritaria in strutture come il Salone del libro di Torino «Perché i criteri di giudizio sono spariti, ma il potere no. Anzi: il potere vale proprio perché almeno nel breve periodo riesce a imporre criteri che, da soli, non avrebbero la forza per imporsi. La forza della cultura progressista consiste, appunto, nella sua forza, nel suo avere occupato le “casematte” gramsciane. Perdute quelle…».

 

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