“Open Arms”, la bizzarra tesi di Conte e Di Maio al processo: “Fu tutta colpa di Salvini”

13 Gen 2023 16:29 - di Michele Pezza
Salvini

Sui migranti Matteo Salvini faceva tutto da solo. Il presidente del Consiglio non c’era. E, se c’era, non parlava, non vedeva e non sentiva. È questo, in sintesi, il senso delle testimonianze rese oggi nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo nel processo che vede imputato il leader della Lega di sequestro di persone e rifiuto di atti di ufficio. I fatti risalgono all’agosto del 2019 e riguardano il ritardato sbarco di 147 migranti a bordo della nave Open Arms. D’eccezione il parterre di testimoni: da Giuseppe Conte a Luigi Di Maio, a Luciana Lamorgese. Il primo a deporre è proprio l’attuale leader del M5S. «Sollecitai Salvini a far sbarcare i minori a bordo della Open Arms perché secondo me era un tema da risolvere al di là di tutto – esordisce -. Mi pareva che la decisione di trattenerli a bordo non avesse alcun fondamento giuridico».

Al processo di Palermo Salvini risponde di sequestro di persona

Di tale attività farebbe fede una lettera inviata a Salvini, che la diffuse, il 14 agosto. Il giorno dopo Conte gliene invia un’altra, questa volta in forma pubblica, lamentando la diffusione non fedele del contenuto della missiva precedente. L’ex-premier ricostruisce le ore convulse di quelle giornate. E ricorda: «Siamo al 15 agosto. Ci avviavamo verso la crisi di governo e una probabile competizione elettorale. Il clima era incandescente e il tema immigrazione è sempre stato caldo per la propaganda politica». La vicenda dell’Open Arms fa da sfondo a quel contesto. «Era chiaro – conclude Conte – che Salvini volesse rappresentare me come un debole e lui invece come rigoroso».

Giuseppi e Giggino: «Noi in disaccordo con lui»

Allo scaricabarile partecipa anche Di Maio. «Nell’estate del 2019 non vi fu alcuna interlocuzione con Salvini sul caso Open Arms – assicura -. L’unica interlocuzione che ebbi con lui ha riguardato la caduta del governo». L’ex-ministro degli Esteri imputa all’allora collega di governo una gestione spregiudicata dei migranti. «Non capivamo perché si dovesse rifiutare i Pos (Place of Safety, il porto sicuro, ndr) sapendo che c’erano Paesi europei pronti ad accogliere i migranti. L’unico motivo era che la negazione del porto sicuro fosse solo una mossa per aumentare il consenso in campagna elettorale». In più, Salvini non informava nessuno. «La maggior parte delle volte – accusa Di Maio – sapevamo del rifiuto di Pos dai media che riportavano le dichiarazioni si Salvini». Anche della Open Arms Di Maio seppe dalle tv, dal momento che, sottolinea, «eravamo in piena crisi di governo».

Salvini rischia 15 anni di carcere

Tutta volta a mettere in risalto la differenza tra la “gestione migranti” di Salvini e quella a lei affidata con il secondo governo Conte la testimonianza della Lamorgese. «Noi abbiamo messo sempre in primo piano il salvataggio delle persone», ha rivendicato l’ex-ministro dell’Interno.  Che poi ha anche indicato in «2 o 3 giorni» la media dei tempi di attesa per le navi Ong prima di approdare in un Pos quando al Viminale c’era lei. «Si arrivava a 7-8 solo se c’era da concordare la redistribuzione con altri Paesi», ha precisato. Una media contestato da fonti leghiste. «Salvini – fanno sapere – rischia fino a 15 anni di carcere per il mancato sbarco dal 14 al 20 agosto 2019. Un periodo più breve, per esempio, di quello atteso dalla Ocean Viking per ottenere il via libera dal Viminale guidato da Lamorgese: dal 18 ottobre al 29 ottobre 2019».

 

 

 

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