Galli della Loggia: i conti col fascismo sono stati chiusi nel 1946. Dai padri costituenti

3 Ott 2022 15:07 - di Vittoria Belmonte
Galli della Loggia

Ancora un editoriale sul fascismo, ma stavolta senza condanne, senza erigere tribunali, senza gridare “al lupo al lupo”. E’ un’analisi di uno storico, Ernesto Galli della Loggia, sul primo giornale italiano, il Corriere della sera, che invita a farla finita col “revival del fascismo a scopo etico-ammonitorio che si celebra sui banchi delle nostre librerie“.

Gli italiani e i conti col fascismo

Si dice troppo spesso, argomenta Galli della Loggia, che gli italiani non hanno fatto i conti col fascismo e che non vi è stata una “abiura collettiva” della dittatura. “Il fatto è che agli italiani, in realtà, quell’abiura – continua – nessuno l’ha mai chiesta”.

Ma la questione più interessante è un’altra e cioè che – scrive lo storico – furono proprio i partiti antifascisti a voler chiudere in modo soft i conti col Ventennio. 

I partiti antifascisti e l’abiura collettiva

“Innanzitutto – afferma – i partiti antifascisti erano convinti giustamente che, per quanto fragilissima, la dissociazione di responsabilità degli italiani dal fascismo (peraltro convalidata dall’esistenza della lotta armata delle formazioni partigiane) era comunque un argomento indispensabile per cercare di ottenere dai nostri vincitori le migliori condizioni di pace possibili. In secondo luogo – e forse innanzitutto – essi si rendevano conto che una strada diversa – cioè ammonire il Paese all’abiura e al pentimento – non avrebbe fatto altro che sancire la loro estraneità rispetto ad esso, accrescere la già ampia diffidenza che in molti suscitava il loro ruolo di oggettivi alleati dei nemici di ieri, di gente salita al potere solo grazie alla sconfitta italiana”.

Insomma, conclude Galli della Loggia, “a differenza di molti orecchianti che scrivono oggi di queste cose, gli antifascisti, a cominciare da Togliatti, sapevano bene che il fascismo non era stato «l’invasione degli Hyksos». Ma ben altro. Era stato il prodotto della crisi politica del primo dopoguerra”.

Il fascismo e la XII norma transitoria

Di qui la circostanza che nella nostra Costituzione il giudizio sul fascismo sia racchiuso in una norma transitoria, la Dodicesima, che vieta «la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista». C’è però – ammonisce l’editorialista – “un secondo comma che non viene mai ricordato. In esso si dice che una legge apposita dovrà stabilire «limitazioni al diritto di voto e all’eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista». Ma attenzione: queste limitazioni, si aggiunge, dovranno essere temporanee e comunque in vigore per «non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione». Insomma, i «capi responsabili del regime fascista» – tanto per fare qualche nome di quelli allora ancora in vita, Federzoni, Scorza, Grandi, Bottai, Vidussoni e compagnia bella – dal 1953 in poi avrebbero potuto tranquillamente sedere e dire la loro nel Parlamento della Repubblica”.

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