Lega, l’ex-ministro Maroni guida la fronda anti-Salvini: «È ora di un nuovo leader»

27 Set 2022 16:06 - di Michele Pezza
Maroni

«Al mio segnale scatenate l’inferno». Chissà se Roberto Maroni avrà pensato alle parole del generale Massimo Decimo Meridio, comandante dell’armata del Nord, prima di scrivere il suo articolo sul Foglio con cui chiede il siluramento di Matteo Salvini dalla guida della Lega. Era quello il segnale, e pazienza se la rubrica messagli a disposizione dal giornale si chiama Barbari Foglianti mentre nel Gladiatore barbari sono i nemici contro cui Massimo scatena l’inferno. L’importante, come si diceva al tempo dei cineforum, è «aprire il dibbattito». Che ora si sposta nell’incontro del Consiglio federale fissato per oggi pomeriggio. Difficile far finta di niente.

Così Maroni sul Foglio

Tanto più che l’articolo di Maroni è pepato al punto giusto in un sapiente alternarsi tra slanci e prudenze, nettezze e sfumature. «Ora si parla di un congresso straordinario della Lega. Ci vuole. Io saprei chi eleggere come nuovo segretario. Ma per adesso non faccio nomi», scrive l’ex-ministro. Un benservito in piena regola, che chissà da quanto tempo sognava di notificare al diretto interessato. Ora bisognerà aspettare se queste righe saranno in grado di scatenare l’inferno, atteso da molti e temuto da tanto. Oggi forse no, ma domani chissà…

Ma il lombardo Fontana difende il Capitano

Con Umberto Bossi fuori dal Parlamento dopo 35 anni (Salvini ne ha chiesto la nomina a senatore a vita), le tensioni nella Lega, anche se non si vedono, scorrono sotto traccia. Che faranno i governatori, soprattutto Zaia e Fedriga, i paladini del Nord-Est? E i “territori“, con la loro solida rete di sindaci e amministratori locali, come smaltiranno la batosta elettorale? Per tutti parla Attilio Fontana, presidente della regione Lombardia. Ma solo per dire che la leadership di Salvini «assolutamente» non è a rischio. E che quello che lui si aspetta dall’odierno consiglio federale è  «un’analisi attenta» della situazione. Insomma, l’inferno auspicato da Maroni può attendere.

 

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