Travaglio gode: “Draghi non vedeva l’ora di andarsene, è fuggito, ha fatto il suo Papeete…”

15 Lug 2022 9:04 - di Leo Malaspina

Nella redazione del “Fatto Quotidiano” ieri s’è brindato due volte, prima quando il M5S ha lasciato l’aula del Senato annunciando la volontà di non votare la fiducia sul dl Aiuti, poi quando il premier Draghi ha annunciato le sue dimissioni, poi respinte dal presidente Mattarella. La chiave di lettura di Marco Travaglio, l’ispiratore delle mosse di Giuseppe Conte, è stata inversa a quella degli altri giornali: è stato Draghi a mollare, la fiducia l’aveva ottenuta, ha deciso di andarsene, dopo avere esasperato il conflitto politico con i grillini. Il Papeete, che due anni fa aveva caratterizzato l’addio di Salvini al governo giallo-verde, stavolta viene attribuito a Draghi. E il popolo grillino si spacca, come i suoi parlamentari…

Travaglio e il Papeete di Draghi

“Si voleva il Migliore dei Migliori per regalarci una farsa che nemmeno l’inesauribile repertorio comico della politica italiana aveva mai sfornato: il premier riceve la fiducia dalla maggioranza assoluta delle due Camere e corre a dimettersi frignando ‘non gioco più, me ne vado’. Si può capire il logorio nervoso di un ex banchiere abituato ad atterrare dall’alto su poltrone monocratiche per comandare da solo e catapultato alla guida di un governo di destra-centro-sinistra…”, è l’incipit dell’editoriale di oggi di Marco Travaglio. Che fornisce la sua chiave di lettura originale, che passa per la “svogliata inerzia, divenuta rivalsa rancorosa dopo la mancata ascesa al Colle” dimostrata dal premier negli ultimi mesi.

Dal flop del Colle all’addio estivo

“Bastava prendere sul serio la sua autocandidatura natalizia per capire che Draghi cercava la fuga perché il progetto era fallito. In primavera riprovò a sganciarsi col pretesto dei no delle destre su catasto e balneari, ma ormai c’era la guerra e gli amici anglo-americani lo inchiodarono lì. Ora finalmente è riuscito a scansarsi prima che esploda l’autunno caldo. La crisi l’ha cercata lui, stracciando le bandiere M5S, avallando la scissione dimaiana, sparlando di Conte a Grillo, rifiutando di stralciare dal dl Aiuti inceneritore e norme contro Rdc e Superbonus e imponendo l’ennesima fiducia per addossare la colpa (anzi il merito) ai 5Stelle, infine raggelando Mattarella col gran rifiuto di ieri (allora la “formula politica” c’era eccome). Tutti evocavano il Papeete e nessuno capiva che lo stava preparando Draghi”, conclude Draghi.

Ma la partita non è ancora finita. Cosa succederà se Conte e la sua anima “governista” dovessero arrivare a miti pretese nei cinque giorni che ci separano dallo showdown di Draghi alla Camera?

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