Rampelli: «Letta ha ragione: “O FdI o il Pd”. Dobbiamo favorire un ritorno al sistema bipolare»

27 Lug 2022 13:24 - di Redazione
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In fondo, «Letta ha ragione quando dice: “Ci siamo noi e FdI”». A chiarirlo è stato il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, spiegando che quell’affermazione del segretario Pd «bipolarizza la campagna elettorale con due partiti che si assumono la responsabilità del governo», in un contesto in cui «dobbiamo immaginare un ritorno al sistema bipolare, che può essere agevolato politicamente visto che il maggioritario è stato indebolito».

Basta con “premier esterni” e frutto di manovre di palazzo

Ospite di Agorà, Rampelli ha ricordato che il maggioritario, previsto all’origine dal Mattarellum, «è stato manipolato per arrivare a un pareggio sostanziale, che consentisse il varo del modello “premier esterni”». Così, dal 1993 a oggi l’Italia ha avuto da un lato «una serie di premier non eletti dai cittadini» come Ciampi, Dini, Monti, Conte e Draghi, «tradendo la natura stessa della democrazia parlamentare», e dall’altro «premier frutto di manovre di palazzo come D’Alema, Amato,  Letta, Renzi e Gentiloni».

Le campagne pretestuose contro FdI

L’esponente di FdI è poi tornato sulla campagna denigratoria sollevata contro FdI, portando l’esempio della fiamma nel simbolo. «C’era anche nel simbolo di Alleanza nazionale con Gianfranco Fini e non è mai stato un problema. Era vicepresidente del Consiglio e perfino ministro degli Esteri, non mi risulta che qualche Capo di Stato straniero gli abbia contestato l’uso di quel simbolo», ha ricordato l’esponente di FdI, chiarendo che «la fiamma poi non è affatto simmetrica alla falce e martello perché, diversamente dal simbolo del comunismo, esiste dal secondo dopoguerra».

Da don Di Liegro a Toaf: Rampelli ricorda ciò che molti “dimenticano”

«Quindi smettiamola con questa storia», ha ribadito Rampelli, che anche ieri, in un’intervista a Repubblica, aveva avvertito che «non se ne può più delle analisi del sangue». «FdI – ha proseguito il vicepresidente della Camera – nasce da una costola  di An. Anzi addirittura del Msi, e ne rappresentava l’ala anti-nostalgica e modernizzatrice, quella che collaborava con il direttore della Caritas diocesana, monsignor Luigi Di Liegro, il quale partecipò, con Enrico Gasbarra e Roberto Giachetti, a una storica assemblea antirazzista dentro una sede missina, dopo che i nostri militanti avevano dormito in tenda a fianco agli immigrati che subirono l’aggressione da parte di naziskin».

È la destra che «consegnò nell’inaugurazione dell’anno accademico de La Sapienza al Rabbino capo Toaff una lettera aperta contro ogni forma di razzismo e antisemitismo, quella che difese il centro per malati di Aids nel quartiere romano dei Parioli dall’assalto di quei Comitati benestanti che oggi stanno col Pd». «Racconto questi fatti – ha sottolineato Rampelli – perché un conto è fare dichiarazioni e proclami, altro conto è mobilitare un intero mondo e assumere concretamente posizioni radicali verso fenomeni di intolleranza o complicità con il razzismo».

Il nodo della ripartizione dei seggi

Il discorso poi è tornato sui temi tecnici della politica, come quello della ripartizione dei seggi, a sua volta utilizzato per una narrazione ostile a FdI. «Non siamo così voraci e prepotenti. Il criterio da cui si desumono le conclusioni che questi giorni campeggiano sui giornali – ha spiegato Rampelli – è quello sempre usato e che ha fatto valere la media di tutti i principali sondaggi, stabilendo conseguentemente la ripartizione. In questo modo si avrebbe la ripartizione delle candidature con il 50% a FdI e il 50% suddiviso tra Forza Italia e Lega. Queste sono le regole. Poi troviamo assurdo che a ogni legislatura si cambi la legge elettorale con l’intenzione di alterare gli equilibri».

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