Incubo scissione-bis: il M5S vota la fiducia ma infuria la sfida tra “poltronisti” e “travagliani”

7 Lug 2022 16:11 - di Monica Pucci

L’esito era scontato: fiducia sul dl Aiuti e al governo Draghi, alla Camera, in attesa della prova “del nove” al Senato, quando il gruppo del M5S in Parlamento deciderà – sulla base delle risposte del premier alla lettera di rivendicazione politica – se continuare o meno a sostenere l’azione della maggioranza.

Il M5S vota la fiducia sul Dl Aiuti alla Camera

Oggi pomeriggio il governo ha ottenuto la fiducia alla Camera con 419 voti a favore, 49 contrari e una sola astensione sul decreto Aiuti.

Sì non compatto del M5S, peraltro: i deputati grillini ‘non giustificati’, secondo quanto riportato dai tabulati, che non hanno partecipato al voto sono stati 15: Cantone Luciano, De Carlo, Invidia, Melicchio, Parentela, Ruggiero, Spadoni, Zanichelli, Carinelli, Del Monaco, Mammì, Misiti, Raffa, Segneri, Tofalo. Mentre erano in missione (quindi giustificati) in 13: Cattoi Maurizio, Cimino, Dieni, Dadone, Emiliozzi, Ficara, Marzana, Papiro, Provenza, Sibilia, Cancelleri, Lorefice, Torto.

No deciso dell’opposizione di Fratelli d’Italia. Sul voto finale del decreto, e sul passaggio di fiducia al Palazzo Madama, potrebbe invece arrivare il no.

Per ora, si va avanti così, come aveva annunciato questa mattina Giuseppe Conte: “Sul dl Aiuti adesso c’è una votazione separata per la fiducia e votiamo la fiducia al governo. Noi vogliamo collaborare con il governo e ieri abbiamo portato un documento con le priorità dei cittadini, delle famiglie e delle imprese. Quindi c’è la disponibilità, la volontà ma anche l’urgenza che si facciano quelle cose che sono importanti. Per quanto riguarda poi invece il voto finale del testo alla Camera noi lo abbiamo detto: sono misure che abbiamo invocato a gran voce, e alcune le abbiamo direttamente suggerite, ma francamente non abbiamo compreso l’ostinazione di inserire una norma del tutto eccentrica e che non c’entra nulla con questa materia dei sostegni e che riguarda una prospettiva di un inceneritore che è assolutamente obsoleta, ragion per cui abbiamo adottato una linea che non può essere quella di condividere il contenuto”. Sì, no, forse…

Grillini spaccati nella riunione notturna

Un’assemblea tesa, quella della notte scorsa, dove il documento consegnato da Giuseppe Conte al premier Mario Draghi sembra mettere d’accordo i più, soprattutto per i toni e le questioni poste. Ma dove emerge con forza la voglia dei parlamentari M5S, soprattutto i senatori, di abbandonare la nave del governo Draghi. Dopo le parole di Conte in apertura dell’assemblea tenutasi in serata e terminata dopo la mezzanotte, fuoco di fila di interventi contro la permanenza nell’esecutivo, raccontano alcuni presenti all’Adnkronos.

La spaccatura è tra i “lealisti”, o “poltronisti”, ministri e sottosegretari compresi, e i “travagliani”, i fautori dello strappo definitivo dal governo o al massimo dell’appoggio esterno al governo.

La divisione che potrebbe portare a una nuova scissione

Tra i più convinti, per fare alcuni nomi del Movimento della prima ora, Laura Bottici e Alberto Airola. Il senatore torinese, in particolare, ha manifestato il suo scetticismo sulle risposte attese dal premier, “spacceranno 4 perline colorate per l’oro di Montezuma”, ha messo in guardia i colleghi. Ricordando per uno dei principi cardine del Movimento: “Fosse per me, uscirei domani stesso. Ma il Movimento è una grande comunità, la decisione non può essere presa né da me, né da Beppe, né da Conte o da tutti noi con un voto assembleare. Siamo entrati con il voto della base in questo governo e con il voto della base dobbiamo uscirne”, le sue parole.

Ancor più duro il collega Giovanni Endrizzi, secondo il quale, viene raccontato, il patto stretto per entrare nel governo è stato tradito, dunque il voto degli attivisti potrebbe essere tranquillamente bypassato. Mentre la deputata Gilda Sportiello se l’è presa con gli “scissionisti poltronisti”, complici di un governo in cui il M5S è stato tradito. Ad avanzare dubbi sulla linea dura che stava segnando la congiunta, aprendo la strada ad una serie di interventi improntanti alla cautela, ci avrebbe pensato Stefano Buffagni, invitando i colleghi a ponderare per bene la scelta: “non si possono prendere decisioni in base ai ritorni elettorali, seduti su comode poltrone mentre fuori c’è un paese in ginocchio, una crisi economica in arrivo con un rallentamento economico di cui ci sono già segnali evidenti”.

L’incubo della scissione-bis sul Movimento

Buffagni avrebbe riportato l’attenzione sulle risposte che arriveranno da Palazzo Chigi: le decisioni, per l’ex sottosegretario, vanno assunte in base a questo. “Abbiamo posto temi per dare risposte alle persone sulle quali esigiamo risposte concrete. In assenza di questo – avrebbe rimarcato – non ha senso la nostra permanenza, questo è chiaro. Ma ogni scelta va fatta consapevolmente, guardando a cosa succede nel paese. Perché le bollette impattano sulle produzioni, sulle imprese, sulle filiere che già scontano problemi di approvvigionamenti”.

“Non stiamo giocando – avrebbe dunque sferzato i colleghi – esistono le priorità delle persone vere. Non ho problemi se si va a votare già a settembre, ma voglio che le scelte vengano fatte consapevoli delle conseguenze per le persone, non per i sondaggi”. Dopo Buffagni, altri interventi moderati, con dubbi sulla scelta da compiere. La maggioranza è per lasciare, “ma il travaglio c’è ed è innegabile”, spiega un big del Consiglio nazionale.

Un travaglio (non solo Marco…) che potrebbe portare a un’ulteriore scissione nel Movimento, sempre più indirizzato verso una tripartizione.

 

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