In Italia il primo concorso per “Miss Velo”. La promotrice alle donne: «Velatevi per non essere molestate»

6 Giu 2022 11:12 - di Eleonora Guerra
miss velo

Assia Belhadj, italo-algerina che si definisce attivista per i diritti umani ed è presidente dell’associazione Movimento delle donne musulmane d’Italia, ha promosso il primo concorso di miss per ragazze col velo. La kermesse “Regina con il Hijab. Sii l’esempio”, rivendicata come primo caso europeo nel suo genere, si è svolta sabato scorso a Cinisello Balsamo e ha incoronato due reginette, una per la categoria 14-18 anni e l’altra per la categoria 19-25 anni. Il premio in palio era un viaggio a La Mecca. «Rivolta alle ragazze della seconda generazione, nate e cresciute in Italia», come si legge sulla locandina, la manifestazione è stata presentata come un momento per «sostenere le ragazze velate a causa delle grandi sfide che stanno affrontando nelle società europee». Ma è davvero così?

I criteri per vincere il concorso di “Miss Velo”

I criteri di valutazione delle candidate a diventare “miss velo” non erano estetici, ma legati a «vestibilità dell’hijab secondo i criteri musulmani, comportamento della ragazza che lo indossa e sua integrità». Mariam Eloziri di Abbiategrasso, studentessa 23enne di Farmacia al terzo anno all’Università di Pavia e vincitrice della sua categoria, intervistata da La Stampa ha spiegato che «l’ambiente e gli abiti rispettavano fedelmente la nostra cultura e durante il concorso ho molto apprezzato che non si puntasse affatto sulla bellezza. A turno ci hanno chiesto quali fossero i nostri valori e perché portassimo il hijab, facendo attenzione al tipo di abbigliamento».

Il racconto della ragazza eletta “Regina con il Hijab”

Il velo, ha aggiunto la ragazza, «non è solo un pezzo di stoffa, ma ciò che mi identifica quando esco di casa. È il simbolo delle mie origini e della mia religione, non un ostacolo alla vita o un atto di sottomissione come spesso si crede. Mettere il velo per me significa avere fiducia in me stessa e in Allah». «Mi fa sentire una regina a prescindere dal titolo che ho vinto», ha proseguito Mariam, che, lamentando di aver vissuto anche degli «episodi spiacevoli», ha aggiunto che «ora ho una responsabilità nei confronti delle mie coetanee, mi prenderanno come modello da seguire e intendo migliorarmi per essere all’altezza di questo compito. Voglio aiutarle a integrarsi nella società, dimostrare che una ragazza può essere accettata anche se ha il velo».

Tutela delle identità o proselitismo?

Dunque, una narrazione perfettamente in linea con quella ufficiale dell’evento, resa così dal sito italiano dailymuslim.it: il concorso, vi si legge, «è aperto a tutti e sarà un valido evento che potrà rompere quei tabù che ancora oggi dipingono chi indossa il velo, come una donna sottomessa. Tutti potranno vedere con i propri occhi come le ragazze che hanno deciso spontaneamente di portare il velo, sono fiere e orgogliose di indossarlo, e non come il mainstream cerca sempre di far intendere nella maniera negativa». «Come detto da Assia, questo non è un concorso che eleggerà la classica “miss” vista solo nella bellezza, ma sarà qualcosa di diverso, più attinente allo stile di vita modesto della nostra religione», si legge ancora sul sito, che rimanda anche al canale youtube di Belhadj, autrice del libro Oltre l’hijab. Una donna da straniera a cittadina e molto attiva sui social nel promuovere stili di vita ossequiosi del Corano. 

Quando la promotrice esortava: «Velatevi per non essere molestate»

Ed è proprio lì, esplorando un po’ i video del canale di Belhadj, che si rafforza la sensazione iniziale che il concorso “Regina con il Hijab” sia in realtà proprio quello che sembra: un’operazione di proselitismo, nella quale per altro insistono retropensieri anti-occidentali piuttosto preoccupanti. «O Profeta, dì alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di coprirsi dei loro veli, così da essere riconosciute e non essere molestate», è la sura riportata come didascalia di un video postato a settembre e cantato in arabo, ma con scritte in sovraimpressione che riportano il versetto. Una invocazione che specie oggi, alla luce dei fatti di Peschiera del Garda – e dei precedenti dei capodanno di Milano e Colonia – dà veramente molto da pensare.

 

 

 

 

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