La guerra dei trent’anni di Michele Santoro: dalle piazze di “Samarcanda” alla demagogia sulla pace…

5 Mag 2022 20:04 - di Dario Caselli

Toccherà farci l’abitudine con questo 2022. E’ l’anno degli anniversari. A febbraio abbiamo celebrato il trentennale di Mani Pulite con l’arresto di Mario Chiesa; in estate sarà la volta di un altro trentennale, quello delle stragi di Capaci e via D’Amelio in cui trovarono la morte i magistrati Falcone e Borsellino insieme alle rispettive scorte. E sempre nel 2022 cadrà l’ennesimo trentennale, quello di Samarcanda, la trasmissione inventata e condotta da Michele Santoro che proprio nel 1992 chiuse i battenti, ma con il botto di ascolti e consensi visto che quello fu anche l’anno del Telegatto come miglior programma informativo.

Samarcanda per quei tempi era una trasmissione avveniristica. Una novità assoluta che avrebbe fatto scuola. La prima confezionata tra studio e piazza, con la voce della gente, ma sarebbe meglio dire con la rabbia delle persone, protagonista in piazza. E in studio un abile conduttore capace di distillarla e propinarla sapientemente al pubblico davanti ad un parterre di ospiti diviso tra politici e giornalisti. Insomma, quello che oggi chiamiamo talk-show e che allora era una novità assoluta.

Ad onor del vero Samarcanda all’inizio non ebbe molta fortuna, ma eravamo nel 1987 e francamente una trasmissione simile per gli italiani di quell’epoca era ancora troppo. Ma sarebbe bastata una manciata di anni, la caduta del Muro di Berlino e soprattutto le prime inchieste con gli spifferi, gestiti ad arte, di una diffusa corruzione politica, per consacrarla definitivamente. Nasceva così il primo tele-tribuno, il primo populista via etere.

Però con il senno di poi e con tutto quello che è accaduto in questi 30 anni ci sarebbe ben poco da celebrare, se non fosse che a distanza di tre lustri Santoro è tornato a calcare il palcoscenico della tv militante. Per la verità si è dovuto accontentare soltanto delle tv locali, del web e di un teatro romano, il Ghione. La Rai, Mediaset e Sky si sono tenute a debita distanza. Il titolo dell’iniziativa alquanto evocativo: “Pace proibita”. Ed accanto a lui giornalisti, intellettuali (francamente sarebbe meglio chiamarli pseudo-intellettuali) e artisti tutti riuniti per “lanciare un grido” contro la guerra. Detto in soldoni, stavolta non è la rabbia dei cittadini all’indomani delle stragi di mafia o della dilagante corruzione della classe politica che Santoro intende cavalcare, ma piuttosto la diffusa preoccupazione degli italiani per la guerra in Ucraina.

Infatti, Santoro da abile animale politico, da quel consumato pifferaio magico che è sempre stato, ha fiutato l’aria e soprattutto i sondaggi. Sono settimane che questi indicano come esista una fetta sempre più consistente di italiani che non sono d’accordo con l’invio delle armi all’Ucraina e che soprattutto temono un’escalation del conflitto che possa trascinare l’Italia nel conflitto.

Ilvo Diamanti su Repubblica, ad esempio, quota gli italiani “molto preoccupati” intorno al 61 per cento che unito a quelli “abbastanza preoccupati”, il 30 per cento, fanno il 91 per cento. Insomma, solo 1 italiano su 10 fa spallucce quando si parla di conflitto russo-ucraino.

Stesso trend rilevato da Euromedia Research di Alessandra Ghisleri, per la quale il 40 per cento degli italiani temono che il conflitto si allarghi ad altri Paesi e possa coinvolgere direttamente l’Italia; ed addirittura il 30 per cento che possa scoppiare una Terza Guerra Mondiale.

Numeri che però non hanno colpito l’attenzione soltanto di Michele Santoro. Primo fra tutti, ad esempio, Giuseppe Conte che ormai da settimane ha deciso di fare il controcanto a Mario Draghi e al governo, a costo di mettere in crisi l’Esecutivo stesso, sul tema della Difesa e dell’aiuto militare all’Ucraina. E nelle ultime ore anche Matteo Salvini sembra volersi incamminare lungo questo sentiero, ricostruendo idealmente l’asse giallo-verde.

Calcolo politico, cinico senza dubbio, anche perchè non più di qualche settimana fa lo stesso Mario Draghi platealmente ricordò a uno smemorato Giuseppe Conte che il suo primo governo aumentò gli stanziamenti per la Difesa. Governo nel quale, guarda caso, sedeva anche Matteo Salvini come ministro dell’Interno.

Detto questo è evidente che i sondaggi dicono che esiste uno spazio che sul piano elettorale potrebbe trasformarsi in un mercato appetibile per chi sa sfruttarlo bene. E Santoro, che su questo non è secondo a nessuno, ha subito deciso di tuffarsi e investire lanciando una sorta di Opa. A 30 anni, quindi, ci riprova a cavalcare il sentimento di disagio e frustrazione rappresentato stavolta dall’onda pacifista che i sondaggi registrano. 30 anni fa per lui l’operazione si rivelò azzeccatissima al punto che ancora oggi ne vive di rendita. Per il Paese, invece, non fu foriera di successi perchè da allora in sequenza abbiamo avuto Italia dei Valori, i girotondi, il popolo viola e il M5S. E scusate se è poco.

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