5Stelle a rischio estinzione: 8 su 10 diranno addio al Parlamento. Conte prepara la “festa” a Di Maio

17 Mag 2022 11:09 - di Francesca De Ambra
Conte

«Non pentirti di ciò che hai fatto se quando l’hai fatto eri felice». Giriamo volentieri l’aforisma di Jim Morrison a Giuseppe Conte e ai parlamentari 5Stelle. Potrebbe aiutarli a digerire, ora per allora, l’inutile e demagogica sforbiciata di poltrone che rende praticamente impossibile all’80 per cento di loro il ritorno tra gli stucchi dorati di Montecitorio e Palazzo Madama. La stima è di Repubblica, che parla di vero e proprio «incubo» pentastellato. Otto su dieci è più di una decimazione, è un’ecatombe. Ma tant’è: il combinato disposto tra il taglio del numero dei seggi (da 945 a 600) e i sondaggi sempre più avari di soddisfazioni (13 per cento) lasciano speranze di ritorno solo a pochi fortunati.

La guida di Conte si è rivelata inefficace

«Non è solo politica, ma matematica», sentenzia il Repubblica. Verissimo. E la situazione sarebbe ancora più pesante se dall’inizio della legislatura defezioni, espulsioni e scissioni non avessero striminzito, e di parecchio, la consistenza dei 5Stelle tra Camera e Senato. Nel 2018 sbarcarono in Parlamento ben 226 deputati e 112 senatori: il totale è 338. Oggi il MoVimento conta complessivamente “solo” 228 parlamentari. In pratica, è come se l’intero gruppo al Senato si fosse dissolto. E non è finita, perché Conte ha un’altra montagna da scalare davanti a sé: il nodo del vincolo del doppio mandato, l’unica regola del passato ancora in piedi. Almeno fino a prova contraria.

Il nodo del doppio mandato

Beppe Grillo, già Fondatore, poi Elevato, oggi consulente a gettone del M5S è favorevole a tenerla in vita. Ma davvero Conte potrebbe dare il benservito a gente come Roberto Fico o Luigi Di Maio? Giuseppi non rischierebbe una sollevazione perché il clima interno è quello da mors tua vita mea, ma di certo sfiorerebbe il ridicolo se non ricandidasse l’attuale presidente della Camera e il ministro degli Esteri in carica. D’altra parte, escludendo il “concentrato” Danilo Toninelli e il putiniano Vito Petrocelli, di onorevoli grillini disponibili a togliere spontaneamente il disturbo non si trovano. La patata bollente è tutta nelle mani di Conte. La sua cura si è rivelata finora inefficace. E dire che Grillo l’aveva previsto: «Non ha visione e non ha capacità manageriale». Apposta era l’Avvocato del popolo. Ma ora che il popolo se n’è andato, è solo quello delle cause perse.

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