Processo Palamara, parla l’ex-procuratore Pignatone: «Da 3 anni fango e calunnie su di me»

6 Apr 2022 17:39 - di Redazione
Pignatone

«In questi tre anni ho avuto su di me e sui miei familiari fango, calunnie e accuse». Esordisce così Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Roma durante la testimonianza resa oggi davanti al tribunale di Perugia nel processo all’ex-magistrato romano Stefano Rocco Fava e all’ex-consigliere del Csm Luca Palamara, entrambi accusati di rivelazione d’atti d’ufficio. Effettivamente, prima di oggi Pignatone non aveva mai parlato. Ma la vicenda sulla quale ha deposto è strettamente imparentata con la cena avvenuta nel 2019 all’hotel Champagne di Roma presenti, tra gli altri, magistrati come lo stesso Palamara e deputati come Cosimo Ferri, oggi Iv, e Luca Lotti, del Pd, in cui si parlò di chi piazzare in sua sostituzione al vertice della Procura capitolina.

Pignatone ha deposto a Perugia

Nessuno di loro salva ovviamente che il telefonino di Palamara, armato di trojan, intercettava ogni sillaba di quella conversazione. La caduta dell’ex-potentissimo capo dell’Anm, nonché membro del Csm, comincia così. Nel suo libro Il Sistema, scritto a quattro mani con Alessandro Sallusti, Palamara assegna a Pignatone un ruolo decisivo nelle vicende di quei giorni. A mettere nero su bianco un esposto al Csm contro di lui è stato però Fava, già pm a Roma e ora giudice civile a Latina. Un esposto che Pignatone in aula ha sprezzantemente bollato come «quattro carte». «Il primo a essere dispiaciuto del fatto che il Csm non abbia potuto farvi una verifica sono io – ha detto -. Perché avrebbero capito che non c’era nessuna incompatibilità e che io ho fatto quello che dovevo fare». Oggetto dell’esposto era infatti una  presunta incompatibilità.

Nello stesso procedimento è imputato anche l’ex-pm Fava

Ma l’ex-procuratore capo ha parlato anche d’altro. «Ho sentito – ha detto – le molte doglianze del dottor Fava: scippo di processi, misure cautelari che non hanno avuto corso. Nessuna di queste è fondata e faceva parte dell’esposto al Csm». Il riferimento è alla vicenda Amara, il faccendiere siciliano, consulente dell’Eni e presunto affiliato alla cosiddetta loggia Ungheria. Contro Amara Fava aveva spiccato un ordine di arresto, per autoriciclaggio, mai però vistato dal procuratore. Da qui il tentativo di far avviare un procedimento disciplinare nei confronti di Pignatone.

 

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