Lo scandalo dell’aggressore di Civitavecchia liberato fa riflettere: la giustizia deve prevenire i femminicidi

2 Apr 2022 13:05 - di Hoara Borselli

Non passa giorno in cui le cronache non ci riportino ad episodi di violenza e di insicurezza. Quasi una normalità, cui si ha la sensazione di doversi purtroppo abituare. Troppo spesso le donne risultano essere le vittime inconsapevoli. Un’assenza di controllo sui territori che trova la complicità di un Ministro degli Interni che insiste nel ripetere che non c’è un’emergenza. E una giustizia che troppo spesso emette sentenze sconcertanti, che implementano la consapevolezza di non essere tutelati.
Pensiamo all’episodio accaduto a Civitavecchia, grave nella sua dinamica, ma ancora di più nel suo epilogo.
Un incontro nato sui social e finito male. Tentato omicidio.

L’aggressore di Civtavecchia e il divieto di avvicinarsi

La vittima dell’aggressione, una ragazza di 16 anni. I due si erano conosciuti sui social e avevano deciso di passare il week end insieme in un b&b. L’ uomo è stato bloccato mentre tentava di gettare la ragazza dal balcone. I carabinieri della stazione di Civitavecchia lo hanno arrestato dopo che i genitori della giovane avevano chiamato in stato di forte agitazione il 112 affermando che la figlia si trovava in pericolo.

Quando la pattuglia dell’Arma è arrivata alla struttura ricettiva, l’attenzione dei militari è stata immediatamente attirata dalle urla della giovane: era aggrappata disperatamente alla ringhiera del balcone mentre l’uomo stava cercando di sollevarla di peso e gettarla oltre il parapetto.
Un fatto gravissimo che sarebbe potuto finire in tragedia senza il tempestivo intervento delle forze dell’ordine.
Arrestato per tentato omicidio e resistenza a pubblico ufficiale, all’uomo, non avendo precedenti passati in giudicato, come pena, è stato imposto un avvertimento: vietato avvicinarsi nuovamente alla ragazza, da libero.
Avete ben capito, tentare di ammazzare una persona gettandola dal balcone, costa un monito che il delinquente gestirà in totale autonomia.

I femminicidi non sono eventi improvvisi

In un Paese civile che mostri interesse rispetto ad un problema focale come quello dell’incolumità dei propri cittadini, un soggetto del genere, che mostra evidenti segnali di squilibrio mentale, verrebbe immediatamente sollevato dal tessuto sociale per evitare che possa reiterare e portare a compimento un lavoro lasciato a metà.
Quante volte abbiamo pianto donne, vittime di mani che avevano già guadagnato questi blandi avvertimenti.
Uccise da uomini cui era stato imposto di non avvicinarsi e che poi, senza scrupolo alcuno, non solo le hanno raggiunte, ma anche ammazzate.
Pretendere che una buona giustizia debba avere una funzione di deterrenza al reato, è una richiesta troppo ambiziosa?
Tentare di ammazzare una ragazza sventolandola da un balcone, non è sufficientemente grave per poter pensare che lo possa rifare?
Magari non si avvicinerà a questa, ma sarà comunque libero di ripetere il gesto verso qualunque altra giovane,preda inconsapevole, che magari non avrà la stessa “fortuna” della precedente.
Parlare di femminicidi, istituire campagne di sensibilizzazione con tanto di scarpette rosse in bella vista, senza alla base avere un reale supporto dalla giustizia, rimane uno sterile esercizio ideologico, utile solo a riempire i social, e che non salva vite umane.

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