Mosca incrudelisce la censura: 4 giornalisti rapiti a Melitopol, spari sui manifestanti a Kherson

21 Mar 2022 16:10 - di Lara Rastellino
giornalisti rapiti

Kiev, 4 giornalisti rapiti a Melitopol e fuoco russo contro pacifici manifestanti in piazza a Kherson. Coi negoziati appesi a “grandi gap” – appena ripresi nel pomeriggio dopo il nulla di fatto incassato finora – Mosca incrudelisce la propaganda e infierisce su media e attivisti. La notizia, battuta in queste ore da Ukrinform citando una dichiarazione su Telegram dell’unione dei giornalisti di Kiev, riferisce sul caso e fa anche i nomi: si tratterebbe di Mykhailo Kumok e Yevhenia Borian e dei giornalisti Yulia Olkhovska e Liubov Chaika. Una strategia di repressione a tutto campo, che allarga la manovra di una morsa a tenaglia sempre più stringente e estesa dai media ai militanti pacifisti feriti durante una manifestazione. E che ha raggiunto il culmine dell’abominio con l’uccisione del reporter americano Brent Renaud. Del cameraman di Fox News Pierre Zakrewski. E della producer Alexandra Kuvshinova. Insieme a loro c’era anche il corrispondente della Fox News Benjamin Hall, rimasto ferito in modo grave e sottoposto a diverse operazioni.

Kiev, 4 giornalisti rapiti a Melitopol. Spari sui manifestanti a Kherson

Intanto, in un rimpallo continuo di responsabilità, accuse e richieste, l’ultimo round dei negoziati tra Ucraina e Russia che si è svolto questa mattina si è concluso ancora una volta con un nulla di fatto. Rinviando tutto alla ripresa pomeridiana, con una nuova tappa di colloqui in collegamento video. Nel frattempo, mentre la ricerca di un compromesso fattivo stenta a decollare, accelera la corsa dei mediatori in campo per ospitare i negoziati in corso. E allora, dopo lo scatto di Israele con la visita lampo di Bennett a Mosca delle scorse settimane. A ridosso dell’intervento turco sulla bozza di accordo di pace proposta dalla Russia. E con il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu, che ha espresso la sua disponibilità a organizzare un vertice trilaterale con Vladimir Putin, Volodymir Zelensky e Recep Tayyip Erdogan. Oggi si è proposta anche anche la Svizzera.

Intanto i negoziati sono in stallo

E attraverso le parole del presidente elvetico Ignazio Cassis – oggi in visita al confine fra Polonia e Ucraina – si è detta disponibile ad ospitare i colloqui tra Kiev e Mosca. Intanto, però, accordi e fine delle ostilità allontano il miraggio di una loro concreta e vicina realizzazione ogni giorno di più. Così, di cessate il fuoco non se ne parla. Anzi: sullo stop agli attacchi per il periodo dei negoziati con l’Ucraina, l’addetto stampa del Cremlino, Dmitry Peskov ha detto chiaramente cosa ne pensa: «Qualsiasi interruzione viene utilizzata dalle unità nazionaliste per riorganizzarsi». Che suona chiaramente come un altro no. Ancora una volta.

 

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