Incubo nucleare, Chernobyl sparita dai radar e la centrale di Zaporizhzhia in mano ai russi

9 Mar 2022 9:14 - di Lorenza Mariani
nucleare

Il conflitto russo-ucraino entra nel suo quattordicesimo giorno con l’incognita del rischio nucleare. Le centrali di Chernobyl e Zaporizhzhia sono nelle mani dei russi. E mentre nel primo caso L’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ha riferito di aver perso i contatti con il sistema di trasmissione dei dati dei sistemi di controllo della sicurezza. Nel secondo, in base a quanto scrive l’agenzia russa Ria Novosti – che cita un rappresentante della Guardia nazionale russa – tutto «funziona normalmente». Di più. Secondo i russi, circa 240 persone avrebbero deposto le armi. E «la situazione presso la centrale di Zaporizhzhia è sotto il completo controllo» delle forze di Mosca.

Rischio nucleare, i russi dichiarano di avere il «pieno controllo centrale Zaporizhzhia»

Una realtà di grande tensione, quella che si registrerebbe in queste ore nell’impianto che, a detta di quanto annunciato dal ministro dell’Energia ucraino Herman Halushchenko sulla sua pagina Facebook, «le forze di occupazione russe torturano il personale della centrale. Secondo le informazioni in nostro possesso – recita il post – gli occupanti hanno costretto la dirigenza a registrare un messaggio per utilizzarlo a fini propagandistici». E non che le cose vadano meglio a Chernobyl con cui, come anticipato in apertura, si sono persi i contatti con il sistema di trasmissione dei dati dei sistemi di controllo della sicurezza.

Chernobyl in mano ai russi: persi i contatti col sistema di trasmissione dati della sicurezza

Peraltro, il Direttore generale dell’Aiea Rafael Mariano Grossi si è detto «profondamente preoccupato per la situazione difficile e stressante che deve affrontare il personale della centrale nucleare di Chernobyl. E per i potenziali rischi che ciò comporta per la sicurezza nucleare. Invitando le forze che controllano efficacemente il sito a facilitare urgentemente la rotazione sicura del personale lì». Grossi, infatti, ha più volte sottolineato che il personale che gestisce gli impianti nucleari deve poter riposare e lavorare a turni regolari. Affermando che ciò è fondamentale per la sicurezza nucleare generale. La centrale, che non è attualmente operativa, è sotto il controllo delle forze russe. La struttura contiene reattori dismessi e strutture per rifiuti radioattivi.

Ucraina, Aiea: l’attacco al sito di Kharkiv conferma rischi per nucleare

Come se non bastasse, anche l’attacco condotto dai russi contro un sito di Kharkiv – un nuovo impianto di ricerca nucleare che produce radioisotopi per applicazioni mediche e industrialiha provocato danni, ma nessun aumento dei livelli di radiazioni nel sito. A specificarlo è sempre l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, riportando in questo caso le rassicurazioni fornite dalle autorità ucraine. E sempre il direttore generale dell’agenzia Rafael Mariano Grossi ha spiegato in una nota che per la natura del materiale nucleare utilizzato nella struttura «la valutazione dell’Aiea ha confermato che il danno riportato non avrebbe avuto alcuna conseguenza radiologica». Tuttavia, conclude Grossi, «abbiamo già avuto diversi episodi che hanno compromesso la sicurezza nei siti nucleari ucraini» e questo incidente «ha evidenziato ancora una volta i rischi che devono affrontare le installazioni nucleari ucraine durante il conflitto armato».

Rischio nucleare: ecco cosa prevede la bozza del piano di sicurezza

«Riparo al chiuso» e «somministrazione di iodio stabile». È quanto prevede il nuovo Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari, la cui bozza è stata firmata dal capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, e inviata alle Regioni per l’approvazione. Una volta raccolte eventuali integrazioni o modifiche il documento dovrà essere approvato con un dpcm ad hoc. Il nuovo piano, che era già pronto dal 27 gennaio scorso, quindi prima dello scoppio della guerra in Ucraina, viene aggiornato periodicamente. Le misure protettive come il riparo al chiuso o la somministrazione dello iodio stabile si attuano quando un’emergenza dichiarata quale “general emergency“. Ovvero quando il «rilascio di specie radioattive all’esterno dell’impianto» evolve, interessando il territorio nazionale.

I tre scenari legati a un incidente all’estero e le “tre fasi operative”

Il Piano considera tre scenari legati a un incidente all’estero: il caso di incidente a un impianto posto entro i 200 km dai confini nazionali (che riguarderebbe le centrali nucleari presenti in Francia, Germania, Svizzera e Slovenia). Quello relativo a un impianto posto oltre i 200 km dai confini nazionali. E, infine, l’eventualità di un incidente a un impianto extraeuropeo. ”In caso di incidente a una centrale nucleare posta entro 200 km dai confini nazionali, il Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari prevede l’attivazione di tre fasi operative: ”fase di attenzione”. ”Fase di preallarme”. E ”fase di allarme”. La fase operativa di allarme è dichiarata dal Dipartimento di Protezione Civile a seguito della valutazione dell’evento effettuata in collaborazione con Isin.

Riparo al chiuso e iodoprofilassi: le istruzioni

In particolare, la misura del riparo al chiuso, secondo quanto si legge nella bozza, «consiste nell’indicazione alla popolazione di restare nelle abitazioni, con porte e finestre chiuse e i sistemi di ventilazione o condizionamento spenti, per brevi periodi di tempo, di norma poche ore, con un limite massimo ragionevolmente posto a due giorni». Inoltre, nelle aree interessate dal provvedimento in via precauzionale vengono attuate ulteriori misure protettive come il «blocco cautelativo del consumo di alimenti e mangimi prodotti localmente (verdure fresche, frutta, carne, latte)». Il «blocco della circolazione stradale». E le «misure a tutela del patrimonio agricolo e zootecnico». Quanto alla ”iodoprofilassi” il periodo ottimale di somministrazione «è meno di 24 ore prima e fino a due ore dopo l’inizio previsto dell’esposizione». Mentre «dopo le 24 ore successive all’esposizione può causare più danni che benefici».

 

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