Referendum cannabis, Muccioli esulta per il no: “Evitate altre stragi e affari d’oro alle mafie”
“Nell’opinione pubblica c’è una scarsa consapevolezza sul fatto che la marijuana continua a essere una specie di cancello di ingresso nel mondo delle droghe…”, è l’amara conclusione di Andrea Muccioli, figlio di Vincenzo, lo storico fondatore della comunità di San Patrignano, unico ed ultimo baluardo contro la dipendenza dalle droghe, nell’assenza assoluta di attenzione da parte dello Stato. In una intervista alla Stampa, all’indomani della bocciatura del referendum sulla liberalizzazione della cannabis da parte della Consulta, Andrea Muccioli non nasconde la propria soddisfazione. “Sono contento che non sia passato il referendum perché sono convinto che avrebbe prodotto delle conseguenze ancora più dannose di quelle che già viviamo”.
Muccioli e l’amara esperienza straniera sulla cannabis libera
Andrea Muccioli porta i dati a conforto delle sue tesi: “Dove è stata sperimentata la legalizzazione delle droghe non si sono frenati i consumi e non è stato fermato il mercato nero. Negli Stati Uniti dal 2012/2014 una famiglia intera di oppiodi sintetici, come l’ossicodone, è stata prodotta in maniera autorizzata da alcune delle più grosse industrie farmaceutiche del mondo. La massiccia tendenza alla somministrazione di questi farmaci oppioidi come antidolorifici ha causato 200 mila morti di overdose per queste droghe legali. Tutto questo non ha per nulla interrotto il narcotraffico, anzi lo ha alimentato. La produzione illegale di queste sostanze, prodotte ad esempio in Cina e in Messico, ha completamente invaso il mercato nero. Succederebbe la stessa cosa con qualsiasi altra droga, compresa la marijuana”.
La liberalizzazione strumentalizzata dalla politica
Il figlio di Vincenzo, storico riferimento per le lotte alle droghe, attualmente consulente di enti ed associazioni che si occupano di recupero di tossicodipendenti, ha le idee chiare: “Il tema della legalizzazione delle droghe viene costantemente strumentalizzato da una parte e dall’altra della politica, che pensa di farne un veicolo di promozione e raccolta di voti. Fra quelle 600mila firme sicuramente ci sono delle persone in buona fede, questo però non vuol dire che siano ben informate. Nell’opinione pubblica c’è una scarsa consapevolezza sul fatto che la marijuana continua a essere una specie di cancello di ingresso nel mondo delle droghe”. E la scienza? Anche qui, si gioca sull’equivoco. “Io posso decidere di bere una birra non alterando le mie capacità psichiche. Non cerco per forza un effetto psicotropo, mentre fumarsi una canna quelle capacità le altera a prescindere. Questa è la sostanziale differenza. Detto questo, c’è una tolleranza nel marketing dell’alcol che invita i giovani al consumo che andrebbe limitato assolutamente. Servono delle politiche educative serie che stimolino i giovani a crearsi degli strumenti di divertimento senza doversi sballare”.