Meloni: «Ci siamo “sdoganati” da soli. La legittimazione viene sempre dal voto dei cittadini»

9 Feb 2022 12:46 - di Gigliola Bardi
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La destra italiana non ha mai avuto bisogno di «un bagno lustrale o di uno sdoganamento», perché «senza celare i meriti di Bettino Craxi o Silvio Berlusconi, ci siamo “sdoganati” da soli, tramutando la nostra estraneità agli accordi consociativi in proposta concreta e costruttiva». A scriverlo è Giorgia Meloni nella prefazione al libro inedito di Pinuccio Tatarella La destra verso il futuro. Itinerario di una svolta, edito da Giubilei Regnani e curato dalla Fondazione Tatarella. Nel volume la leader di FdI ricorda che «personalità come Tatarella arrivavano dritte dritte dall’antica fonte del patriottismo italiano» e identifica nella battaglia per il presidenzialismo combattuta dal “ministro dell’Armonia” uno dei momenti di svolta per la comprensione di una destra proiettata al futuro.

Meloni: «Le leadership le scelgono i cittadini col voto»

«Nel processo, non sempre facile, di costruzione del centrodestra non abbiamo mai abbandonato questa prospettiva» concreta e costruttiva, scrive ancora Meloni, sottolineando che «ne fa fede il nostro presentarci alle elezioni coesi, lasciando agli elettori la scelta di quale fra noi avrebbe dovuto assumere la premiership». «Lo dico con legittimo orgoglio: la coerenza, stella polare dell’azione politica di Fratelli d’Italia, è figlia diretta di questa impostazione», prosegue Meloni, ricordando che «abbiamo chiesto e ottenuto i voti degli italiani per governare insieme alle altre forze del centrodestra, e a questa linea ci siamo rigorosamente attenuti, pur rispettando chi ha voluto compiere altre scelte e prendere altre strade».

La legittimazione popolare come unica garanzia di forza dei governi

Dunque, «sulla scia di Tatarella continuiamo a ritenere che la leadership in democrazia non la scelgono i giornali o i “circoli degli ottimati”, ma i cittadini con il loro voto». «Possiamo illuderci che basti una cosmesi, che ci si possa accontentare di carismi d’occasione, di fuochi di paglia alla Renzi o persino di leadership di laboratorio come quelle di Di Maio e Conte, ma senza il requisito della legittimazione popolare – evidenzia Meloni – avremo sempre la debolezza dei governi che ha contraddistinto la Prima Repubblica e una voce flebile in sede europea, che ne è la diretta conseguenza».

La battaglia per il presidenzialismo nel solco di Tatarella

In quest’ottica, dunque, il presidenzialismo «sarebbe la più grande riforma che possiamo regalare all’Italia per far nascere la Terza Repubblica». Per questo, la battaglia sul presidenzialismo combattuta da Giuseppe Tatarella come pioniere «rimane centrale» e oggi «rappresenta una delle battaglie principali di Fratelli d’Italia in Parlamento». «In un certo senso – sottolinea ancora la leader FdI – fu proprio la battaglia che il Msi fece in Parlamento a difesa di Cossiga, che la partitocrazia e il Partito Comunista in particolare tentavano in ogni modo di ridurre al silenzio, la prima crepa nell’edificio della pregiudiziale contro la destra. Fu allora che la battaglia presidenzialista venne finalmente compresa come possibile, plausibile e necessaria. Non più barricata “antisistema”, ma concreto strumento di lotta al consociativismo e di costruzione di una “democrazia decidente».

Il “caso Di Rupo” e l’orgoglio della destra

Tatarella «fu anche e soprattutto un uomo di intuizioni e di coraggio», rivendica quindi Meloni, ricordando quel famoso episodio del maggio del 1994, quando «in occasione di un Consiglio dei ministri a Bruxelles, il suo omologo belga Elio Di Rupo, socialista e omosessuale, che si era già distinto per dichiarazioni molto sgradevoli, provò a metterlo in difficoltà con una sorta di elencazione di valori che a suo parere Tatarella non avrebbe potuto accettare, perché “antifascisti”». Pinuccio «replicò soavemente di sottoscrivere tutti quei valori e di volerne aggiungere altri, come la garanzia per le fasce sociali più deboli e il diritto alla partecipazione dei cittadini». «Con la sua risposta a Di Rupo, e con le riflessioni che sono contenute anche in questo inedito, spiegava con linearità e chiarezza che la destra italiana non aveva più voglia di perdere tempo a leggersi secondo lo sguardo e le lenti deformanti della sinistra».

Meloni: «Con Pinuccio la nostra identità ritrovava forza prospettica»

«Con lui – ricorda ancora Meloni – la nostra identità ritrovava forza prospettica, ci accompagnava nel futuro e nelle sue sfide» e «quando corruzione e fango fecero crollare la Prima Repubblica (‘si è rotta la damigiana’, commentò Tatarella vedendo la fine della Democrazia Cristiana) lui fu il primo a comprendere le nuove opportunità, anche emotive e simboliche, che il tempo del maggioritario offriva al nostro campo, con la conseguente “costituzionalizzazione delle estreme”. Ma non si trattò di una folgorazione sulla via di Damasco o del repentino cambio di passo di un uomo dall’intuito straordinario. Fu la lineare conclusione – sottolinea la leader di FdI – di un processo e di una riflessione iniziati da diverso tempo».

 

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