Travaglio, il silenzio di Draghi sul Quirinale lo manda fuori di testa: “Roba da Corea del Nord” (video)

11 Gen 2022 13:51 - di Giulia Melodia
Travaglio Draghi

Il “gran rifiuto” di Mario Draghi di rispondere nella conferenza stampa di ieri a domande sul Quirinale fa andare fuori di testa Marco Travaglio. Il quale, grazie all’assist fornito da Lilli Gruber nella puntata di ieri di Otto e mezzo, esterna tutto il disappunto livoroso, a cui peraltro ha dato ampio sfogo negli ultimi mesi di campagna presidenziale anti-premier. Il direttore del Fatto Quotidiano, immemore di quando Conte, all’epoca della sua presidenza del Consiglio, annunciò neanche 24 ore prima, la chiusura delle attività  in diretta Facebook in nome di una stretta contro il coronavirus. Una scelta, quella del mezzo e delle modalità a cui il premier ricorse – e non solo in quell’occasione peraltro – che scatenò le ire di gran parte del mondo della comunicazione. E non solo. Ma procediamo con ordine.

Travaglio contro Draghi: per il silenzio sul Quirinale evoca scenari da Corea del Nord

Che il no comment di Draghi sulla partita del Colle abbia irritato e solleticato le curiosità dei più non c’è dubbio. Ma nessuno come Marco Travaglio si è dimostrati così tanto irritato dal silenzio sul futuro quirinalizio ostentato dal premier quanto il direttore del Fatto. Che, giusto ieri sera, in veste di rituale ospite del salotto della Gruber su La7, si è lasciato andare a un’intemerata degna delle sue performances “migliori”. E così, complice Lilli Gruber che offre su un piatto d’argento al suo invitato prediletto l’opportunità di sentenziare, con “travagliesca” boria il giornalista dispensa il suo verdetto: «Per tutto il giorno l’ufficio stampa di Draghi ha invitato i giornalisti che partecipavano alla conferenza stampa a non chiedere di Quirinale. Poi per fortuna un paio di loro hanno contravvenuto alla richiesta. E il premier se ne è risentito».

«Un ridicolo ordine di scuderia che ha rafforzato la sua candidatura»

Assestato il primo colpo al fianco, con flemma forzatamente britannica e solito sorrisetto sardonico stampato sul viso, Travaglio non pago insiste e affonda: «Io credo che sia legittimo non rispondere alle domande. Ma chiedere ai giornalisti di non farle è roba da Corea del Nord. Non roba da democrazia liberale. Occidentale. Da Paese libero». Ma, come aggiungerà di lì a qualche istante: «Un ridicolo ordine di scuderia che ha rafforzato la sua candidatura». Ma «I casi sono due – prova a tornare nel merito della vexata quaestio con una sterzata Travaglio –: «O Draghi vuole essere eletto al Quirinale, o non vuole essere eletto. Se non vuole essere letto alla prima domanda poteva dirlo, chiedendo ai partiti di non essere votato. Il macigno che blocca tutto sarebbe stato immediatamente rimosso», conclude il direttore.

Ma Travaglio che bacchetta Draghi non ricorda gli show di Conte in diretta Facebook?

Certo è che sentire Travaglio dispensare pillole di saggezza sul tempismo delle informazioni di un premier. Come sulla modalità con cui divulgarle, fa sobbalzare un po’ dalla sedia. E, soprattutto, riporta immediatamente alla memoria, a mo’ di “riflesso di Pavlov”, quando all’indomani di uno degli innumerevoli spot auto-propagandistici firmati Giuseppe Conte, l’allora premier su Facebook, sconcertò e scatenò tutto il mondo della comunicazione. A partire da Ordine dei Giornalisti, Associazione stampa parlamentare. Usigrai e Federazione nazionale stampa italiana. Passando per giornalisti come Enrico Mentana o Andrea Vianello. Per finire con esponenti del mondo politico bipartisan e opinione pubblica.

Quando la comunicazione di Conte premier bypassava la stampa e indignava la politica

Tutti – ad eccezione dei grillini – concordi nell’inveire contro quella modalità di comunicazione. Fuori luogo e fuori tempo massimo, per un momento drammatico del Paese. Una formula che, come noto, avrebbe poi creato confusione. Alimentato ansia. Indignato il parlamento. Inferocito le Regioni. Uno “streaming in solitaria di Conte” a cui, mentre il Paese andava a dormire senza sapere se il giorno dopo, o le settimane successive, sarebbe tornata a lavorare (chi, come e quando), in molti avrebbero ricordato a Conte e proseliti che «una conferenze stampa non è uno show su Facebook». E che «una pandemia non è il Grande Fratello»…

Video da la pagine Facebook de La7

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