M5S, l’ultimo scontro è una questione di soldi: ex espulsi pronti alla class action sulle restituzioni

29 Nov 2021 18:28 - di Chiara Volpi
M5S

Sotto le ceneri del M5S cova un altro scontro di fuoco: gli ex grillini espulsi si preparano alla class action sulle restituzioni. Nel Movimento allo sbando e in balia del voto degli iscritti, ancora una volta è una questione di soldi. L’ennesima ri-contrattazione per tenere insieme i cocci di un vaso di Pandora irrimediabilmente rotto passa per un collante che rischia di dividere ulteriormente la compagine in cerca di una ricompattazione sempre più ardua.

M5S appesi a un filo: dopo il 2×1000 tocca al nodo restituzioni

La svolta auspicata, infatti, passa per la nuova consultazione online degli attivisti grillini. Che oggi e domani sono chiamati a decidere se il Movimento 5 Stelle dovrà o meno iscriversi al registro dei partiti per ottenere i fondi del 2×1000. Facendo così inesorabilmente cadere uno degli ultimi tabu: ovvero il rifiuto netto e categorico di qualsiasi forma di finanziamento pubblico. Parallelamente, riferisce l’Adnkronos, i vertici pentastellati si starebbero preparando all’ipotesi di una class action da parte degli espulsi per riottenere i soldi versati negli ultimi tre anni sul conto del Comitato rendicontazioni e rimborsi del M5S.

Il M5S alle prese col rischio class action degli ex grillini

Insomma, è tuta questione di denaro. Il tema più divisivo di sempre. Che ora incombe come una spada di Damocle sulla galassia pentastellata più dilaniata che mai. E al cui interno i duri e puri della prima ora sono di nuovo messi alla prova. Non solo dovranno esprimersi (e in caso aderire e adattarsi o meno) sulla gestione degli eventuali fondi. Ma la base pentastellata dovrà anche selezionare i progetti ai quali destinare 4 milioni di euro frutto delle “restituzioni” dei parlamentari. Ed è proprio il tema delle restituzioni, raccontano, a creare nuovo fermento. E ulteriore malumore all’interno del Movimento 5 Stelle.

Gli espulsi vogliono riottenere i soldi versati nella cassaforte del M5S creata nel 2018

A quanto risulta all’Adnkronos, infatti, i vertici si starebbero preparando all’ipotesi di una class action da parte degli espulsi per riottenere i soldi versati negli ultimi tre anni sul conto del Comitato rendicontazioni e rimborsi del M5S. La “cassaforte” creata nel 2018 dal Movimento per gestire e monitorare le restituzioni dei parlamentari. E che a breve – una volta selezionati gli ultimi progetti benefici – sarà definitivamente liquidata. Uno scenario per ora non all’orizzonte, ma dal quale ci si vuole tutelare. Ed è per questa ragione che – spiegano fonti vicine ai vertici del Movimento – nel Comitato restituzioni sarebbe stata individuata una “quota precauzionale” compresa tra i 50 e i 150mila euro per fronteggiare le eventuali spese legali. Una previsione, a naso, quanto meno ottimistica, se si tiene conto dell’unico precedente. Quello secondo il quale, come ricorda La Repubblica, l’anno scorso solo due consiglieri regionali in Liguria riebbero indietro circa 50.000 euro donati grazie a un accordo.

Il Movimento avrebbe stanziato un fondo di 50-150mila euro per tutelarsi

Al momento, stando a quanto apprende l’Adnkronos, sarebbero pochi i parlamentari espulsi ad aver presentato formalmente ricorso (si parla di tre eletti). L’auspicio dei movimentisti è che la pagliuzza non diventi una trave sul capo dei 5S. «Nella quota precauzionale», sottolineano le stesse fonti prese in considerazione dall’agenzia, «rientrano anche i costi tecnici per la futura chiusura del conto, spese notarili, bancarie. È normale che una quota venga “congelata” a scopo cautelativo anche perché i membri del Comitato – il presidente e i due capigruppo – hanno una responsabilità personale e non possono rispondere del loro patrimonio privato. Si tratta di una scelta di buonsenso». L’ultima arma nella faretra dell’arciere Conte alle prese più che con una restaurazione con una rifondazione da finanziare e sostenere fino all’ultimo centesimo. E che passa per un ennesimo scontro. Un ultimo colpo di “restyling” al Movimento che fu, anche se dovesse comportare la perdita di denaro e coerenza.

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