Corsa al Quirinale, Pd ferito nell’orgoglio: per la prima volta non riesce a imporre un suo candidato

30 Ott 2021 12:40 - di Alberto Consoli
Quirinale Pd

Si scrive ddl Zan e si pronuncia Quirinale: “Proprio quello che il Pd non voleva” è accaduto. A fare il punto su questa settimana tragica per il partito di Enrico Letta è il retroscenista principe del Corriere della Sera, Francesco Verderami nella sua rubrica settimanale “SetteGiorni”. Quel che rimane dopo il voto al Senato sulla legge contro l’omotransfobia è molto peggio di quel che sembra, al netto dei consueti conflitti interni al Pd. “Il risultato sul ddl Zan ha certificato quanto in Parlamento era già dato per scontato: nella corsa al Colle il centrosinistra non potrà gareggiare con un candidato di schieramento”, leggiamo nell’analisi. ” Se lo facesse, non avrebbe i numeri per vincere. Ed è un vero smacco per chi, nella storia della seconda Repubblica, ha sempre scelto il capo dello Stato”.

Il Pd deve rinunciare alla visione proprietaria del Quirinale

Già, una prima volta che “bastona” l’ego smisurato del Pd e  «una consolidata visione proprietaria del Quirinale» che i dem hanno sempre rivendicato, come ha dichiarato il centristab Quagliarello. Il morale è sotto terra. Inutili, scrive Verderami, i proclami  che il ministro del Lavoro Orlando, alla direzione del Pd, lanciava inneggindo ” alla (quasi) autosufficienza” numerica per eleggere il Capo dello Stato. “Riteneva che sarebbe bastato spaccare gli avversari per raggiungere l’obiettivo. Non immaginava che si sarebbero spaccati il suo partito e i suoi alleati grillini”. Cantare vittoria troppo presto ha portato male. Per chi è abituato a vincere è difficile accettare la realtà: il Pd “adesso dovrà lavorare a un accordo con il centrodestra”.

Panico nel Pd: “Ci mancano i numeri e il controllo sui gruppi”

«E adesso per noi – come spiega un dirigente dem intercettato dal Corriere- il guaio si fa doppio: ci mancano i numeri e ci manca il controllo sui gruppi». La realtà comincia a profilarsi in tutta la sua complicazione. Il ministro della Difesa Guerini – Base Riformista- “ha sottolineato come il Pd debba attrezzarsi a ricercare «il più ampio consenso possibile sulla presidenza della Repubblica»”. Un messaggio affilato duretto a Letta: “che un mese fa voleva coinvolgere nella scelta per il Colle la Meloni e ora vuole escludere Renzi”. Per il Pd è giunto il momento della chiarezza. “La matematica costringerà i due schieramenti ad arrotolare le rispettive bandiere e puntare su una soluzione comune”, scrive Verderami. Se il Pd continuerà con i tatticismi sarà la fine: «Anche perché – argomenta un ministro – tu puoi fare gli accordi che vuoi ma poi a scrutinio segreto può succedere di tutto».

E si è visto. “Ecco, il voto segreto sul ddl Zan conteneva anche questo messaggio: era un modo per dire «non provateci». “C’è un solo modo per evitare la sarabanda, ed è un accordo bipartisan su un nome condiviso. Senza trucchi. Anche perché, come è successo al Senato, i trucchi a scrutinio segreto si pagano“.

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