Vaccini, Farmindustria: «Lo stop ai brevetti uccide la ricerca e non aumenta la produzione»

10 Mag 2021 13:00 - di Agnese Russo
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Il primo problema è la produzione, non sono i brevetti. Sul tema della liberalizzazione delle formule dei vaccini interviene il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, evidenziando la vera criticità del dibattito che si è aperto dopo la proposta di Joe Biden. «Non si può pensare di dire “togliamo il brevetto, abbiamo la ricetta, facciamo il vaccino”. Chi dice queste cose non sa che non è possibile. Anche facendo questo, si ucciderà la ricerca, ma non sarà possibile avere i vaccini domani», ha detto Scaccabarozzi, rilanciando le perplessità già espresse da diversi leader europei, Angela Merkel in testa, fra i quali anche Mario Draghi.

I dubbi sullo stop ai brevetti dei vaccini

Scaccabarozzi, intervenendo all’evento online “100 Italian Life Sciences Stories”, promosso da Enel e Fondazione Symbola, con la collaborazione di Farmindustria, ha quindi ricordato che «ci sono 4 vaccini che in questo momento si stanno facendo carico di tutta la produzione mondiale». Un problema sul quale si sta già lavorando: «Si stanno cercando partnership produttive, contoterzisti per assicurare che ci sia la qualità» necessaria. Il presidente di Farmindustria, quindi, ha portato come esempio il tavolo al ministero dello Sviluppo, sottolineando che «le aziende che hanno i vaccini hanno fatto scouting in tutto il mondo». «Abbiamo aziende in pratica concorrenti, ma che si stanno aiutando nella produzione di vaccini perché sappiamo che questo è un problema», ha detto Scaccabarozzi, che è anche amministratore delegato e presidente Italia di Janssen (gruppo Johnson&Johnson), azienda che produce uno dei vaccini anti-Covid già autorizzati, l’unico monodose.

Il problema della produzione: «È un processo complesso»

«Il punto è che tutti volevano vaccini al giorno zero, mentre la produzione di vaccini – ha ribadito il presidente di Farmindustria – è un processo complesso estremamente complicato, perché si tratta di prodotti vivi, biologici. Anche il Mise se n’è reso conto.

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