Fabrizio Quattrocchi moriva 17 anni fa. Meloni: L’Italia non lo dimentica, simbolo di una nazione fiera

14 Apr 2021 14:38 - di Paolo Lami

Giorgia Meloni onora Fabrizio Quattrocchi, a sette anni dalla sua morte da eroe, avvenuta il 14 aprile 2004.

In ricordo di Fabrizio Quattrocchi. Simbolo di una Nazione fiera e orgogliosa che non piega la testa di fronte al nemico. L’Italia non dimentica il suo coraggio”, scrive, su Facebook, il presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.

Fabrizio Quattrocchi moriva sette anni fa, a testa alta, ammazzato dai jihadisti islamici dell’Isis.

Aveva appena 36 anni Fabrizio quando venne ucciso con due colpi di pistola – uno al torace, l’altro alla testa, come confermarono le analisi autoptiche svolte successivamente sul cadavere – alla periferia di Baghdad, in Iraq, dove si era recato per lavorare nella sicurezza del Paese.

I terroristici islamici che lo avevano rapito assieme ai sui compagni Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio avevano coperto la testa di Fabrizio Quattrocchi con una kefia mentre si preparavano ad ucciderlo. Ma lui, pur costretto in ginocchio dai rapitori che gli avevano legato le mani, cercando di togliersi il cappuccio che i suoi aguzzini gli avevano messo, ha gridato “adesso vi faccio vedere come muore un italiano“. Momenti drammatici e, al contempo, eroici, rimasti impressi in un video  che, poi, i rapitori, fecero recapitare alla tv araba Al Jazhera. Che, tuttavia, si è sempre rifiutato di mandarlo in onda perché troppo macabro.

Già in precedenza uno dei terroristici islamici presenti in quel momento – nome di battaglia, Abu Yussuf – aveva detto al Sunday Times che era stato proprio lui a girare un video raccontando anche gli ultimi momenti di Fabrizio Quattrocchi.
Yussuf racconterà, anche, che Fabrizio venne ucciso con la sua stessa pistola caricata con proiettili iracheni. E che, rivolgendosi a lui, gli avrebbe detto: “Tu che parli italiano concedimi un desiderio, toglimi la benda e fammi morire come un italiano“. E dopo una seconda richiesta venne ucciso.

In un secondo tempo alla Rai arriverà, effettivamente il video. Sarà il giornalista Pino Scaccia, celebre inviato di viale Mazzini, a raccontare cosa accade nel video che la Rai non aveva voluto trasmettere per intero fermandosi giusto un attimo prima dell’esecuzione.

«Fabrizio Quattrocchi è inginocchiato, le mani legate, incappucciato. Dice con voce ferma: “Posso toglierla?” riferito alla kefiah. Qualcuno gli risponde “no”. E allora egli tenta di togliersi la benda e pronuncia: “Adesso vi faccio vedere come muore un italiano”. Passano secondi e gli sparano da dietro con la pistola. Tre colpi. Due vanno a segno, nella schiena. Quattrocchi cade testa in giù. Lo rigirano, gli tolgono la kefia, mostrano il volto alla telecamera, poi lo buttano dentro una fossa già preparata. “È nemico di Dio, è nemico di Allah”, concludono in coro i sequestratori».

Catanese di nascita ma genovese di adozione dove era cresciuto, Fabrizio Quattrocchi aveva inizialmente seguito l’attività di famiglia, una panetteria, che ad un certo punto dovettero cedere.

Dopo una serie di corsi e di esperienze, Quattrocchi era partito per Baghdad assieme a Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio che vennero poi rapiti con lui, il 13 aprile 2004 – il giorno prima che Fabrizio venisse assassinato –  ai margini della capitale irachena, da un gruppo che si faceva chiamare Falangi Verdi di Maometto.

In molte occasioni la sinistra italiana ha tentato di disonorare la memoria di Fabrizio definendolo un mercenario. Fabrizio è andato lì, in Iraq, per lavoro. Ha lasciato la sua Patria, che amava profondamente, solo per lavorare. E lì è morto da eroe. L’Italia gli ha riconosciuto, dopo molti vergognosi tentennamenti, la Medaglia d’oro al Valore civile alla memoria. Nulla, in realtà, neanche questa medaglia, ma solo la profonda e rispettosa riconoscenza degli italiani, può ripagare quel gesto.

Oggi Fabrizio è sepolto nel cimitero genovese di Staglieno. Ogni giorno decine di italiani si recano alla sua tomba per onorarne la memoria e il coraggio. Ciao Fabrizio.

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