Renzi fa il piagnisteo (e anche il furbetto): ancora non spiega nulla delle sue scorribande all’estero

25 Mar 2021 21:14 - di Chiara Volpi
Renzi fa il piagnisteo

Renzi fa il piagnisteo (e anche il furbetto): ancora non spiega nulla delle sue scorribande all’estero. Eppure, non può più tacere. Del resto il silenzio stampa, dati i suoi standard, è durato anche troppo. E così Renzi torna a parlare dell’Arabia Saudita e dell’intervista andata in scena in compagnia di Mohammad Bin Salman, principe saudita. Quella in cui il leader di Italia Viva si sperticava in lodi e applausi virtuali per l’emiro, definito calorosamente da Renzi «my friend». Un’amicizia discussa, di cui il mondo politico di cui fa parte gli ha chiesto contezza dall’istante dopo.

Arabia Saudita, Renzi fa la vittima (e anche il furbacchione)

E allora parla Renzi, per provare a buttarla sul vittimistico: anche se, dopo il ruolo avuto nella caduta del governo Conte, sono in pochi quelli che riescono a vederlo più come martire che come carnefice. E incalza i suoi tanti detrattori: «Mohammad Bin Salman? È un mio amico e che sia il mandante dell’omicidio Kashoggi lo dite voi», tuona sulla difensiva il leader di Italia Viva che, proprio sul delicato argomento, nei giorni scorsi ha platealmente evitato di rispondere alle domande dell’inviata delle Iene. Negandosi ai microfoni ieri, e provando a dire la sua oggi: senza contraddittorio e trincerandosi dietro un disperato «l’amministrazione Biden non ha sanzionato Bin Salman», tanto per replicare in qualche modo ai cronisti che lo incalzavano sui suoi rapporti con l’Arabia Saudita. Una vicenda tutt’altro che chiarita e che ha spopolato sui giornali nei giorni in cui si stava definitivamente sgretolando il Conte bis.

L’accusa del conflitto d’interessi in quei viaggi all’estero con industriali al seguito

Dunque, Renzi torna a parlare. E lo fa anche attraverso la sua e-news, dove scrive: «Quando ti criticano sui viaggi all’estero, dall’Arabia Saudita al Senegal, significa che non hanno più nulla cui aggrapparsi. Io continuerò a parlare di politica estera e continuerò a viaggiare. Ovviamente senza gravare di un solo centesimo sul contribuente italiano». Eppure c’è chi – e non sono pochi – tra i suoi colleghi parlamentari intravede in questi viaggi trans-continentali con industriali al seguito, qualcosa di molto vicino al conflitto d’interessi. Un’accusa che, ancora oggi, rimbalza nero su bianco in una nota a firma delle deputate e dei deputati del Movimento 5 Stelle in commissione Esteri.

Nel mirino dei detrattori le «scorribande affariste» in Arabia Saudita e Senegal

Dove, riportato dall’Adnkronos, leggiamo: «Oltre a rivendicare senza vergogna il suo rapporto amicale con il principe Bin Salman, Matteo Renzi nega il conflitto di interessi affermando di non aver intascato 80mila euro per la conferenza. L’ennesima furberia del leader di Italia Viva. Quei soldi, in effetti, non provengono dalla conferenza, ma sono il compenso di Renzi in quanto membro della fondazione saudita Future Investment Initiative. Ed è normale che un senatore italiano prenda soldi per le sue attività extraparlamentari dando, tra l’altro, del “my friend” a un uomo accusato di essere il mandante dell’uccisione di Jamal Khashoggi? Secondo noi è inaccettabile: siamo di fronte a un caso abnorme di conflitto di interessi».

La replica di Renzi tra difesa al piagnisteo e controffensiva al vetriolo

Forse vorrebbe tacere su quelle i pentastellati definiscono nella suddetta nota le sue «scorribande affariste». Ma a questo punto, Renzi è costretto a una replica. Che arriva, nel giro di breve. I toni, com’era prevedibile, sono ancora una volta vittimistici, da un lato. E da pura controffensiva di fuoco, dall’altro. «Ho fatto un intervento in Aula, il primo con il nuovo Presidente del Consiglio Draghi», esordisce il numero uno di Iv nella sua e-news. Poi prosegue (in stile piagnisteo): «Non ne trovate traccia sui social o sui media, sempre pronti invece ad attaccarmi sui viaggi all’estero o sulle conferenze internazionali».

Una guerra di ambiguità, un’arma pericolosamente a doppio taglio

L’offensiva è partita: e procede con un polemico contrattacco: «Se penso che il partito che mi critica di più su questo sono i Cinque Stelle – rileva Renzi –. Nelle persone di chi considerava Obama un golpista. Proponeva di trattare con gli estremisti islamici dell’Isis. Aveva opachi rapporti col Venezuela. E visitava i Gilet Gialli, mi spunta un sorriso». Ma è un sorriso amaro. Quello che resta sulla bocca dei sopravvissuti in una guerra combattuta a colpi di ambiguità: un’arma a doppio taglio che in questo volare di stracci rischia di colpire il bersaglio e tornare a boomerang anche contro il mittente...

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