L’origine del virus resta un mistero. L’Oms incalza la Cina: ripartire da laboratori e mercati di Wuhan

30 Mar 2021 19:32 - di Lorenza Mariani
Covid Oms Wuhan

Covid, l’Oms riparte da Wuhan e incalza la Cina. Sulla ricerca dell’origine del virus che ha messo sotto scacco il mondo gli scienziati non hanno ancora scritto la parola fine. L’indagine su come tutto è cominciato è tuttora in corso e aperta a diversi scenari, già perlustrati tra sospetti, riscontri e mancanze di risposte definitive. Per questo, con la pandemia che ancora imperversa, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) chiede ulteriori studi e dati sull’origine del coronavirus Sars-CoV-2 che ha fatto scoppiare il putiferio ancora in corso. E ribadisce che ogni ipotesi resta aperta. «Per quanto riguarda l’Oms – spiega infatti il direttore generale dell’agenzia Onu per la salute, Tedros Adhanom Ghebreyesus – tutte le ipotesi restano sul tavolo. Questa relazione», ha sottolineato riferendosi al rapporto del team internazionale di esperti che hanno indagato a Wuhan, «è un inizio molto importante. Ma non è la fine»…

Covid, l’Oms riparte da Wuhan: servono altri studi sull’origine del virus

Dunque, il rapporto del team internazionale sul campo a Wuhan dal 14 gennaio al 10 febbraio, richiede ulteriori studi. Il report nasce da una risoluzione degli stati membri che nel maggio 2020, con cui si è chiesto all’Oms «di identificare la fonte zoonotica del virus. E la via di introduzione alla popolazione umana. Compreso il possibile ruolo degli ospiti intermedi, anche attraverso sforzi come missioni sul campo scientifiche e collaborative».

Covid, la ricerca dell’origine del virus: ogni ipotesi è aperta. L’Oms chiede nuovi studi su Wuhan

Nelle osservazioni rivolte oggi agli Stati membri, il Dg, che ha ricevuto la relazione completa nel fine settimana, ha voluto ringraziare il team per il lavoro svolto. Ma allo stesso tempo «ha sollevato ulteriori domande che dovranno essere affrontate da ulteriori studi». Come indicato appunto nella relazione. Poche settimane dopo l’inizio dell’epidemia, ha ricostruito l’Oms in una nota, «il Comitato di emergenza del Regolamento Sanitario Internazionale» sull’epidemia di Covid, composto da esperti indipendenti, «ha raccomandato che l’Oms e la Cina proseguissero negli sforzi di identificare la fonte animale del virus. Per tutto il 2020, l’Oms ha continuato a discutere con la Cina e altri Stati membri della necessità di studiare e condividere informazioni sulle origini del virus». Origini ancora ignote…

Lo studio congiunto con la Cina, con 17 esperti cinesi e 17 scienziati di altri Paesi

A maggio dello stesso anno è stata adottata la risoluzione, a seguito della quale nel luglio 2020 l’Oms ha inviato una piccola squadra in Cina per pianificare uno studio congiunto che comprendesse scienziati cinesi e internazionali indipendenti. Nel dettaglio: 17 esperti cinesi e 17 di altri Paesi (Australia, Cina, Danimarca, Germania, Giappone, Kenya, Paesi Bassi, Qatar, Russia, Regno Unito, Stati Uniti e Vietnam). E nonostante studi e analisi, report e aggiornamenti, ancora oggi – ha incalzato Tedros – «non abbiamo trovato la fonte del virus. E dobbiamo continuare a seguire la scienza e non lasciare nulla di intentato». «Trovare l’origine di un virus richiede tempo». Ma «lo dobbiamo al mondo».

Covid, l’Oms ricomincia da Wuhan: dall’ipotesi di un incidente di laboratorio

Come noto, allora, si è partiti da Wuhan: lì dove tutto ha avuto inizio. Il team di esperti inviati dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per fare chiarezza sulle origini del coronavirus Sars-CoV-2 ha visitato diversi laboratori della città E nelle varie tappe del suo viaggio sul campo ha considerato la possibilità che il virus fosse entrato a contatto con la popolazione umana a seguito di un incidente di laboratorio. Tuttavia, spiega Tedros Adhanom Ghebreyesus nel suo intervento al briefing degli Stati membri sul rapporto firmato dal team internazionale che studia le origini del virus, «forse questa valutazione non è stata sufficientemente ampia. «Sebbene il team abbia concluso che una perdita di laboratorio è l’ipotesi meno probabile», riferisce l’esperto, questo aspetto «richiede ulteriori indagini. Potenzialmente con missioni aggiuntive che coinvolgano esperti specializzati che siamo pronti a schierare».

Il ruolo dei mercati degli animali non è ancora chiaro

Il ruolo dei mercati degli animali nelle origini del coronavirus Sars-CoV-2 non è ancora chiaro. Per questo lo studio internazionale ha accolto con favore le raccomandazioni mirate a chiedere «ulteriori studi per comprendere i primi casi nell’uomo. E i primi cluster, per rintracciare gli animali venduti nei mercati a Wuhan e dintorni. In modo da poter comprendere meglio «la gamma di potenziali ospiti animali e intermediari dell’infezione». Il team, infatti, «ha confermato che c’era una diffusa contaminazione con Sars-CoV-2 nel mercato di Huanan a Wuhan», la metropoli cinese dove sono stati segnalati i primi casi. «Ma non ha potuto determinare la fonte di questa contaminazione», ha ricostruito il Dg Tedros. Motivo per cui la conclusione del team è che «gli agricoltori. I fornitori. E i loro contatti, dovranno essere intervistati».

Lo studio sulla catena alimentare

E senza voler tralasciare nulla, il team, secondo quanto ha riferito ancora il Dg, «ha anche affrontato la possibilità che potesse essere stato quello della catena alimentare il viatico dell’accesso del virus all’uomo. Ma, anche in questo caso, ulteriori studi saranno importanti per identificare quale ruolo possono aver giocato gli animali selvatici allevati nell’introduzione del virus nei mercati di Wuhan e altrove».

Due sole certezze in campo

Studi in cerca di ulteriori risposte e riscontri. Studi che non possono prescindere da due certezze almeno. La prima: «La relazione degli esperti andati sul campo in Cina, in cerca di tracce sulle origini del coronavirus, presenta una revisione completa dei dati disponibili. Suggerendo che vi è stata una trasmissione non riconosciuta nel dicembre 2019. E forse anche prima». La seconda: «Per comprendere i primi casi di Covid-19, gli scienziati trarrebbero vantaggio dal pieno accesso ai dati, inclusi campioni biologici almeno a partire da settembre 2019». Ma, nelle discussioni con il team, gli esperti «hanno espresso le difficoltà incontrate in Cina nell’accesso ai dati grezzi». Tanto che, ha concluso Tedros, «mi aspetto futuri studi collaborativi che includano una condivisione dei dati più tempestiva e completa».

 

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