Katia Ricciarelli: «Ai piani alti ci hanno trattato da clown, mo***cci loro. Amo moltissimo la Meloni»

15 Feb 2021 10:11 - di Sveva Ferri
katia ricciarelli meloni

L’amarezza per come è stata e viene trattata la cultura in questa pandemia, accompagnata da un sonoro «mortacci loro, come direbbero a Roma». L’incrollabile fiducia nel lavoro, nel talento, nei giovani. E poi la conferma della «massima stima» per Giorgia Meloni: «La amo tantissimo». Katia Ricciarelli conferma che la maschera la indossa solo per esigenze di scena, dimostrando in una lunga intervista con La Verità la consueta schiettezza nel parlare della situazione politica italiana.

«Senza la cultura un Paese è morto»

Come molti italiani l’artista resta in bilico tra delusione e speranza, rivelando il suo rapporto con i giovani sui quali si è concentrata anche in questi mesi di chiusura forzata. «Sono sfiduciati, ma hanno la massima fiducia in me. E cerco di aiutarli dicendo loro che questo periodo finirà», ha spiegato Ricciarelli, sottolineando che «i talenti hanno bisogno di esibirsi e di quagliare. Mi dispiace molto perché oggi non possono farsi un curriculum nemmeno nei piccoli teatri». Un problema che, comunque, è intergenerazionale per chi lavora nella cultura. Ricciarelli ha parlato senza mezzi termini della chiusura del comparto come di «una cosa veramente indegna. C’è il lavoro di centinaia di migliaia di persone che si è fermato». «Senza la cultura un Paese è morto», ha ammonito, rivolgendosi poi «a tutti gli uomini di buona volontà».

«Dai piani alti ci trattavano come clown, mo…cci loro»

«Spero non si guardi solo a certi problemi glissando su altri, perché non siamo dei clown, come qualcuno faceva intendere in questi mesi anche ai piani alti. Mortacci loro, direbbero a Roma», ha detto, chiarendo che esiste un problema diffuso riguardo il rapporto tra politica e mondo della cultura. Lo spunto è stata la sua esperienza come direttore artistico del Politeama di Lecce. «È un’esperienza che rifarei volentieri. Ma sono tutte cariche politiche, e con questo ho detto tutto. In molti non capiscono il mondo dei miei colleghi e mio, e così oggi impongono persone non all’altezza, oppure va di moda importarle dall’estero. Non lo sopporto», ha chiosato, sottolineando comunque di non essere mai stata penalizzata per il suo essersi sempre rifiutata di “accasarsi” con questo o quel partito.

L’incontro con Mario Draghi

La parola chiave è «meritocrazia». E Ricciarelli ha chiarito di augurarsi che ora anche la politica ci stia arrivando. «Ora – ha sottolineato – voglio vedere cosa combinano, sono molto ansiosa di capirlo. Occorre che ci mettiamo tutti a collaborare, pure sulla salute, perché vedo troppi assembramenti in giro. Ma ho fiducia in Mario Draghi, credo ci possa togliere da questa situazione, raddrizzarci un po’. Mi sembra al di sopra di ogni sospetto». «Non lo conosco, ma l’ho incontrato una volta», ha proseguito la cantante, ricordando di quanto alla stazione di Bologna l’attuale premier chiese ai suoi collaboratori di darle una mano con le valigie. «L’avrei abbracciato, davvero, ho pensato: che gentiluomo».

Katia Ricciarelli: «Meloni ha ragione, serve l’opposizione»

Dunque, «vuole che resti al governo per un po’? Non è quindi del parere di Giorgia Meloni», ha chiesto il cronista a Katia Ricciarelli. «Ho la massima stima di lei, la amo tantissimo: è una donna con tutti gli attributi, ammesso e non concesso che questo sia un complimento. Perché ci sono anche uomini che non sanno nemmeno dove stiano di casa», ha sottolineato la cantante, ricordando che una volta ha cantato l’inno nazionale dal palco di FdI. «Giorgia Meloni – ha proseguito parlando con La Veritàsa il fatto suo e se all’inizio ero perplessa per la sua scelta. Ora penso che occorra qualcuno all’opposizione». «Ha fatto bene. Lei di coraggio ne ha», ha detto Ricciarelli, per la quale «ha fatto bene anche Salvini, secondo me. Perché ha pensato al suo Paese». La cantante in realtà avrebbe voluto il voto, ma ha preso per buona l’idea che «in un momento del genere non si poteva fare. Poi si vedrà».

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