Google blocca la App del “Manifesto”. E la sinistra (dopo Trump e Libero) ora scopre la censura sul web

14 Gen 2021 17:42 - di Valter Delle Donne
google manifesto

Google Play ha bloccato la App del manifesto perché non sa se sia in “effetti un giornale di news”. La notizia fa sorridere perché, comunque la si pensi politicamente del “quotidiano comunista”, rende l’idea di come funzioni il mondo dell’editoria in mano ai colossi digitali. La denuncia del direttore del manifesto è circostanziata e racconta una storia delle connotazioni kafkiane.

Ecco perché Google ha chiuso la App del Manifesto

“All’improvviso, a poche ore dalla partenza della campagna abbonamenti, scopriamo quasi per caso che la storica app del manifesto è sparita dal Google Play Store”, scrive Matteo Bartocci, direttore editoriale del quotidiano. “Il gigante di Mountain View – prosegue Bartocci – ci chiede di dimostrare che siamo davvero una app di news, che produciamo contenuti originali, scritti da giornalisti, che abbiamo un sito web, che rispettiamo la privacy, che non facciamo refusi». Rientra, chiaramente, tutto in un processo di verifica delle singole applicazioni che rappresenta un percorso “normale” per accedere allo store di Google. Tuttavia, l’app del Manifesto – fino a questo momento – era stata “venduta” su dispositivi Android senza alcun problema. Evidentemente, c’è stato un innalzamento dei livelli di sicurezza nelle ultime ore, che hanno causato la richiesta di una doppia verifica da parte di Google”.

Stampa romana interviene ad intermittenza

L’organo regionale della Fnsi, il sindacato dei giornalisti, ha diffuso una nota molto preoccupata. Stampa romana osserva, tra l’altro, che il blocco al manifesto “rivela il pericolo di un ruolo che le grandi piattaforme sembrano aver assunto dopo l’assalto a Capitol Hill. Non più postini di contenuti o vetrine di applicazioni anche giornalistiche ma giudici dei contenuti ospitati. Naturalmente non esiste reclamo al blocco della app se non allo stesso monopolista. È questo un effetto indesiderato di aver consegnato altrove le chiavi di casa ma oggi è una inaccettabile compressione del diritto di informare e di essere informati garantito dalla Costituzione e della libertà di impresa”.

Peccato che Stampa romana non abbia fatto altrettanto per il quotidiano Libero. Non una nota, non una dichiarazione, neanche post, un cinguettio. Niente. Eppure, come ha dimostrato la recente “censura” ai colleghi del manifesto, la battaglia per la sopravvivenza riguarda tutti. Davanti al gigante del web che chiede la “patente” a un quotidiano che ha quasi 50 anni di storia, ogni distinzione è scellerata. Ieri è toccato a Libero, oggi al manifesto, domani toccherà, inevitabilmente, a un altro. Vigilare e intervenire sempre, non a intermittenza, è nell’interesse di tutti.

 

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