Feltri ricorda Gigi Proietti: «L’hanno boicottato perché era un uomo libero e perciò non lo amavano»

26 Dic 2020 9:50 - di Mia Fenice
Feltri

Vittorio Feltri in un articolo pubblicato su Libero ricorda Gigi Proietti e spiega perché non era amato dal cinema italiano. «Una volta mi disse: Se parlo con uno di destra, mi sento di sinistra, se parlo con uno di sinistra divento subito di destra. La prevalenza del cretino, in ogni schieramento politico, produce, nelle persone brillanti, effetti simili a quelli descritti magnificamente dall’attore romano». Feltri precisa che vuole parlare di Proietti, non di partiti. «Proietti è morto con uno sberleffo, lo scorso due novembre. È morto nel giorno dei morti, che per inciso era anche il suo compleanno, a 80 anni spaccati. Una uscita di scena così perfetta da sembrare sceneggiata da Proietti in persona. A Roma, e Gigi era un simbolo della romanità, la tragedia è teatrale, a volte sconfina nella commedia… Non aveva bisogno di testi, era sufficiente un canovaccio».

Feltri ricorda Gigi Proietti

Feltri sottolinea che «fu il primo in Italia ad affrontare la platea in completa solitudine». E poi ricorda: «Nei coccodrilli giornalistici, all’indomani della morte di Gigi, ho letto una cosa che mi ha colpito: a uno così, negli Stati Uniti avrebbero regalato le chiavi della Radio City Music Hall, che è un po’ come dire le chiavi dell’Academy di Hollywood. Verissimo. Invece in Italia, perse la direzione del teatro Brancaccio, lo stesso che oggi gli vogliono intitolare. Non fece polemiche, si buttò a capofitto in una impresa unica, la fondazione a Villa Borghese del Globe Theatre, su modello di quello londinese che, secoli fa, vide andare in scena William Shakespeare in persona. Fu un altro, sorprendente punto a suo favore. E un altro regalo alla sua città, che lo amava alla follia, come forse il solo Alberto Sordi prima di lui».

Il talento di Gigi Proietti

E poi dopo aver ricordato alcuni momenti della sua vita Feltri va al dunque. «L’attore “alternativo”, un po’ alla volta, verrà considerato uno di casa dall’intera nazione, il tutto senza perdere un grammo di credibilità artistica. Puoi essere pop o colto. Ma quello che conta è il talento, e Proietti ne aveva da vendere, qualunque cosa facesse».

Feltri: «Ecco perché non andava bene per il cinema italiano»

Vittorio Feltri poi passa all’attacco: «Che differenza con le sedicenti stelle da filmetto impegnato, da pellicola col timbro ministeriale, da teatro “ribelle” rigorosamente finanziato dallo Stato, da comicità intruppata, da sceneggiatura a tesi. Il cinema italiano non l’ha mai valorizzato, al di là di qualche ruolo di culto. Eppure, l’anno scorso, l’ho visto giganteggiare nei panni di Mangiafuoco nel Pinocchio di Matteo Garrone. Una parte di pochi minuti in cui Proietti, perfetto, cancellava il resto del cast, pur eccellente. Cosa aveva, Gigi, che non andava bene per il cinema italiano? Il suo perfezionismo, inviso ai registi e soprattutto ai produttori, dicono in molti. La sua libertà, invisa a un mondo, quello cinematografico, che spesso si muove in gregge, e questo lo dico io».

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