Foibe, l’orrore senza fine. Recuperate 814 vittime dei partigiani comunisti: anche suore e bambini

28 Lug 2020 11:23 - di Sveva Ferri
foibe

È un orrore senza fine quello che emerge dalle foibe. Gli speleologi hanno infatti recuperato i resti di altre 814 vittime dalla foiba di Jazovka, nella regione di Zagabria, non lontana dal confine sloveno. Gli esperti incaricati del triste compito di recuperare le vittime dei partigiani di Tito hanno riconosciuto fra i resti anche numerose donne, fra le quali diverse suore, e diversi bambini.

“La sinistra cerca di minimizzare queste efferatezze”

Le operazioni di recupero si sono concluse lunedì 20 luglio, ma in Italia la notizia ha stentato a circolare. A rilanciarla sono state le associazioni di esuli e le realtà che preservano e divulgano la memoria di quella pulizia etnica che colpì gli italiani. “Queste iniziative di recupero sono utili per smontare il mito di un comunismo sociale e rispettoso della libertà del popolo”, ha sottolineato il direttore del Museo storico di Fiume, Marino Micich, accostando le foibe a ciò che avvenne nel “triangolo rosso”. “Bisogna insistere a far conoscere queste verità per il rispetto della storia e per la libertà. Per lunghi anni – ha concluso Micich – a sinistra si è cercato e si continua per molto versi a minimizzare tali efferatezze”. Non ultimo in questo senso il caso delle deliranti polemiche sollevate da Rifondazione comunista per l’intitolazione di un luogo pubblico di La Spezia a Norma Cossetto.

Una ricerca durata decenni

A ricostruire la storia delle indagini e dei ritrovamenti nella foiba di Jazovka, profonda circa 40 metri, è stata poi l’Unione degli Istriani, con un lungo post sulla sua pagina Facebook. Da lì si apprende che questa indagine era partita nel settembre del 2019 e le prime esumazioni risalgono al 13 luglio di quest’anno. Dunque, i lavori per riportare in superficie tutte le 814 vittime dei partigiani titini hanno richiesto una settimana. “Le ricerche e la riesumazione delle salme sono state possibili grazie alle richieste delle Associazioni dei veterani di guerra croate”, si legge ancora nel post dell’Unione degli Istriani. La prima ricerca delle vittime di questo massacro risale al 1989, a fronte delle prime denunce sulla sua esistenza avvenute un quindicennio prima.

Nelle foibe il massacro degli innocenti

Nel 1999, poi, di fu “una sorta di vera e propria catalogazione”, ma i resti non vennero rimossi da dove si trovavano. “La ricerca condotta nelle viscere della cavità rivelò che le vittime erano state legate con un filo di ferro prima di essere gettate nella fossa, dopo essere state colpite alla nuca. La maggior parte dei teschi rinvenuti presentavano fratture causate da un oggetto contundente”, spiega ancora l’Unione degli Istriani. Allora però il numero delle vittime era stato identificato in 476. Si trattò di un passaggio comunque fondamentale. Già all’epoca, infatti, i responsabili delle ricerche furono in grado di rivelare che le vittime erano state prelevate dai partigiani dall’ospedale Sv. Duh di Zagabria.

Le vittime prelevate in ospedale: feriti, medici, infermieri, suore

“Tra le vittime, insieme ai membri delle formazioni ustascia e dei domobranci catturati, c’erano i feriti, le infermiere e le suore prelevate dai partigiani dall’ospedale Santo Spirito (Sv. Duh) di Zagabria dopo la battaglia di Krašić, nel 1943, e poi nel maggio 1945″, spiega ancora l’Unione degli istriani. Fra le prime testimonianze che hanno consentito l’individuazione della foiba c’era quella del partigiano che guidava “la corriera della morte” e che, quando vide cosa succedeva alla fine del viaggio, si rifiutò di svolgere ancora quel compito.

Le foibe, un orrore senza fine: si cerca Jazovka 2

Ma l’orrore non sembra destinato a finire qui, sul fondo della foiba di Jazovka. Nei pressi di quella che ha appena restituito 814 vittime, infatti, ve ne sarebbe un’altra, chiamata Jazovka 2. “Dovrebbe contenere – spiega ancora l’Unione degli Istriani – altre centinaia di vittime”.  “Il piano ora – chiarisce l’associazione di esuli – è quello di condurre una nuova ricerca in questa cavità”.

 

 

 

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