Esce “Ragazzi”, immagini e storie di ribelli a Trieste negli anni Settanta. Un libro di Comelli

23 Mag 2020 14:55 - di Annalisa Terranova

Rispetto alle odierne Sardine, i ragazzi irregolari al di là di destra e sinistra raccontati da Pietro Comelli fanno un figurone. Il perché è presto detto: sono più autentici. Il libro s’intitola “Ragazzi. Immagini e storie di ribelli negli anni Settanta a Trieste”,(SpazioINattuale, euro 20).

Comelli, giornalista scrupoloso che non manca di rigore storiografico. I “suoi” ragazzi li presenta prima in foto. Con i jeans scoloriti e le facce irriverenti. E lascia poi che si raccontino, che emerga dai loro ricordi quella scintilla di follia  che li ha condotti per mano sulle barricate. Barricate contrapposte.  Sì, perché Comelli tra gli irregolari ci mette i neofascisti e i “compagni”. E ne traccia anche le contaminazioni.

Claudio Misculin, per esempio, era di Autonomia Operaia ma era amico di Paolo Morelli, leader dei giovani missini. E con lui voleva mettere su un gruppo rock. E con lui altri irregolari di sinistra, che arrivano persino a contestare Franco Basaglia, un punto di riferimento indiscutibile per i comunisti di allora. O rompono in famiglia il cordone ombelicale con i padri stalinisti.

Dall’altra parte ci sono i ragazzi di via Paduina, la sede del Fronte della Gioventù a Trieste. Come Marco Valle, sensibile ai temi ecologisti e fascionudista sulla Costa dei Barbari. E poi i leader carismatici: Almerigo Grilz, “alto e magro, con i capelli pettinati alla perfezione, amante dei marchi inglesi che recupera nei mercatini di Londra, con la predilezione per i giubbotti, le borse e l’immancabile trench nero”. E Paolo Morelli, “sanguigno e di compagnia, basso di statura e una capigliatura spesso arruffata, sempre con la sigaretta in mano e inseparabile dalla sua chitarra, che predilige gli stivali e il giubbino in pelle”. E ancora Roberto Menia, che si avvicina al FdG per la protesta contro il Trattato di Osimo.

Mondi contrapposti, che si parlavano dandosele di santa ragione. Entrambi popolati tuttavia da ragazzi che avevano in mente un chiodo fisso: la politica si può inventare, oltre gli schemi dettati dai partiti. Un’idea che loro stessi, interpreti del tragico teatro dello scontro fascisti-antifascisti, non seppero mettere in pratica. Pur giungendo in qualche modo a intuirne la forza eversiva.

Ne fa fede il racconto del compagno Roberto Colapietro: “Nella mia classe c’era un militante di Avanguardia nazionale con cui avevamo deciso una tregua nella quotidianità della vita in aula. Era anche una persona simpatica e solare, un giorno gli chiesi: ‘Ma perché visto che i comunisti e i fascisti sono contro il capitalismo non ci alleiamo insieme contro la borghesia’. Non riuscì a darmi una risposta, il giorno dopo però mi rivolse la parola dicendomi: ‘Ieri sera ho parlato con i  camerati e mi hanno detto, rispetto alla tua domanda, che siamo stupidi tutti e due e che non capiamo niente…’ “.

 

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