Strage di Bologna, vi spiego perché è difficile che si condannino i “manipolatori” di P2 e Supersismi

14 Feb 2020 11:51 - di Gabriele Adinolfi
Strage di Bologna

Strage di Bologna, riceviamo e pubblichiamo un articolo a firma di Gabriele Adinolfi

Sono stato oggetto di ben tre tentativi d’incriminazione per la strage di Bologna del 2 agosto 1980 da parte dei servizi segreti, tanto che tecnicamente per quel processo sono parte offesa. Ho comunque trascorso venti anni di latitanza in seguito a quegli inquinamenti, ragion per cui sull’argomento so qualcosina, come su tutta la piovra del terrore di quegli anni che ho ricostruito con pazienza certosina nei limiti delle possibilità e il tutto sta andando in stampa per Orchestra Rossa, edizioni Avatar.

Strage di Bologna, i manovratori

Dovrei perciò accogliere con gioia il fatto che, infine, vengano chiamati a rispondere delle loro malefatte , sia pur moralmente, in quanto deceduti, i manovratori della P2 e del Supersismi. Tuttavia tra i mandanti e i complici identificati dalla procura generale di Bologna mancano sorprendentemente i registi dell’operazione “terrore sui treni”, che avrebbe dovuto incastrare il sottoscritto, Roberto Fiore e Giorgio Vale in un primo tempo e successivamente altre persone.
 Per quell’operazione furono sistemati sul rapido Taranto-Milano una quantità d’esplosivo corrispondente al tipo che si credeva utilizzato per la strage, un mitra e due biglietti aerei. Per quel “depistaggio” vennero condannati i dirigenti del Sismi Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, e il cosiddetto faccendiere Francesco Pazienza. Il colonnello Giuseppe Santovito, anch’egli attivamente coinvolto, era frattanto deceduto.

Lo statunitense Michael Ledeen

La riunione, a quanto risulta dalla sentenza passata in giudicato, si sarebbe tenuta nella sede dei servizi francesi presso l’ammiraglio de Marenches. Ad accompagnarli, a quanto confessato dal Pazienza, in quel periodo essi avevano a libro paga lo statunitense Michael Ledeen, nome in codice Z3, uomo d’influenza americana e falco sionista. Parliamo di quel Ledeen, che durante la crisi di Sigonella ebbe un ruolo di traduttore particolarmente impreciso, rischiando di far sì che la crisi degenerasse, e che in seguito sarebbe stato dichiarato persona non grata in Italia. 
Si noti che quel depistaggio, effettuato nel gennaio del 1981, era stato programmato fin dal luglio 1980, tre settimane prima della strage!

Le assenze nell’inchiesta

Ebbene, di costoro, pur pidduisti del “Supersismi” o loro sodali, non si ha sorprendentemente traccia nell’inchiesta sui mandanti e i loro complici. È assente pure il capitano Pandolfi, quello che si premurò di restituire il passaporto smarrito nella sala d’aspetto al professor Muggironi, orbitante negli ambienti di Barbagia Rossa, e diede il via al depistaggio Ciolini che fece perdere tempo notevole alla Magistratura e costò la vita a Pierluigi Pagliai e Carmine Palladino. Insieme a Gelli, definito “nero” benché dagli atti della Commissione Anselmi risulti che avrebbe lavorato per i servizi britannico e sovietico, e al suo braccio destro Ortolani, quel Federico D’Amato, indicato come capo degli uffici riservati del ministero dell’interno, posto da cui era stato rimosso sei anni prima della strage e, non si sa bene perché, Mario Tedeschi.

Non toccati i fili giusti

L’impressione è che si sia deciso di definire la colpevolezza della P2/Supersismi ma solo concettualmente, evitando di andare a toccare i fili giusti, facendo insomma ammuina. Un discorso a parte merita Paolo Bellini, nuovo autore ipotizzato della strage, definito come avanguardista, ma totalmente ignoto nell’ambiente. Quest’individuo, legato alla ‘ndrangheta e agli apparati, si “fascistizza” da solo quando si accusa dell’omicidio di Alceste Campanile, bloccando così la pista che condurrebbe agli ambienti della strage dell’Italicus e facendo un grosso favore al sottobosco rosso reggiano. Lo fa da collaboratore di giustizia, quindi senza pagare pegno, benché l’intera ricostruzione dell’omicidio risulti imprecisa e sospetta.

Le difficoltà

Un individuo che aveva già negato la sua ventilata presenza a Bologna la mattina della strage, adducendo la testimonianza del Procuratore capo di Bologna, il pidduista Ugo Sisti, deciso a sfidare un’incriminazione per favoreggiamento (Bellini era latitante) e il sospetto, all’epoca imbarazzante, di una relazione omosessuale.
Premesso che di neofascista il Bellini non ha nulla, faccio notare che, per via dell’etichetta nera di comodo appioppatagli dopo l’affare Campanile, la sua presunta presenza a Bologna è stata considerata sufficiente a farlo incriminare. Il passaporto del Muggironi smarrito sul posto dell’attentato, la presenza di Marra e di Kram, tutte persone con un curriculum ben particolare, invece continuano a non significare niente per scelta. Così come sulle tecniche dell’attentato e sui suoi moventi si preferisce fare soltanto confusione, malgrado le recenti perizie.
 Difficile allora che si condannino seriamente i manipolatori della P2 e del Supersismi e quelli per i quali hanno sempre lavorato!

Commenti

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  • Vogliocapire da Belluno 25 Febbraio 2020

    Sarò certamente tra i lettori del volume di Adinolfi. La mia generazione certi veti culturali, vigenti anche nel recente passato, non li subisce. D’altronde, un uomo ideologicamente lontanissimo da me come Vincenzo Vinciguerra, con i suoi interventi, tra cui la sua recente deposizione a Bologna, mi ha fatto capire molto di più su quegli anni di tanti saggi che ho comunque letto. Ritengo che se la Procura Generale sarà in grado di ricostruire i flussi di denaro che hanno finanziato gli esecutori, un passo sostanziale verso la verità sarà fatto e a quel potranno essere fatte nuove indagini.

  • Giancarlo 14 Febbraio 2020

    Analisi lucida e puntuale dell’ennesimo pateracchio su Bologna.